Rotture [incipit del primo capitolo di “Le avventure di Heteronymos”]

Rotture - petrolchimico

1. ROTTURE

Heteronymos – Eugenio, per gli amici – sta raggiungendo il Petrolchimico, dove lo aspettano, per riunirsi e discutere, altri compagni del Comitato operaio di Porto Marghera: una delle tante forme scoperte di organizzazione dell’autonomia di classe, estranee ai partiti e ai sindacati. Proliferavano all’epoca, nei primi anni settanta, soprattutto nelle aree industriali del Nord Italia – Torino, Milano, Marghera – contrapponendosi, in forme più o meno radicali, alla gestione moderata e “riformista” degli scioperi, egemonizzati politicamente, il più delle volte, dal Partito Comunista.
Prima della riunione, fissata per le 14,15, dopo il turno del mattino, Eugenio entra al bar da Pesce – poco distante dall’ingresso del Petrolchimico – dove sarebbero arrivati gli altri.
Tavoli, sedie, clienti davanti al bancone: per un caffè, per un’ombra, per uno spuncioneto. A dispetto del luogo plumbeo e dimesso, traversato dagli effluvi della chimica e dagli odori dei cibi esposti – sardine, polpette, formaggio -, l’atmosfera era conviviale. Interrotta, qua e là, da toni accesi e da discussioni animate tra operai, sindacalisti, gente di partito, giornalisti, membri della sinistra extraparlamentare.
Un caleidoscopio multicolore, dove amici, conoscenti, ma anche avversari politici, possono casualmente incrociarsi e incontrarsi: divisi dalla trama delle appartenenze sindacali, di gruppo e di partito, ma comunque accomunati da un forte ancoraggio geografico e territoriale.
In attesa dell’incontro, Eugenio ripensa all’ultima riunione di via Pasini, sede del Comitato, alla quale erano stati invitati giovani medici del lavoro già leader del movimento studentesco.
Era stata confermata, in quel frangente, la notizia raccolta da Augusto, membro del Comitato, perito chimico, ex sindacalista CGIL, tecnico di fabbrica al famigerato CV6: un impianto di polimerizzazione del cloruro di vinile monomero (CVM) che veniva prodotto al Petrolchimico. Questa la notizia, già diffusa nel 1967 da una fonte russa consultata da Augusto: il CVM e il suo polimero, il cloruro di polivinile (PVC), sono sostanze cancerogene. Solo molto dopo, con colpevole ritardo, l’Organizzazione Mondiale della Sanità riconoscerà gli effetti cancerogeni del CVM e del PVC, già noti a non pochi operai di Marghera nei primi anni settanta. Sono gli anni in cui un operaio del Petrolchimico, Gabriele Bortolozzo, eroe silenzioso e dimenticato, comincia a raccogliere informazioni e materiali sui veleni della chimica. Egli dichiarerà in sèguito: già nei primi anni settanta “girava la notizia” che il CVM è un gas cancerogeno. E “da allora hanno inizio le mie proteste” e le mie indagini.
Indagini meticolose – un’ampia raccolta di dati e di testimonianze sulle morti e sulle malattie degli addetti al CVM –, che confluiranno poi nel dossier consegnato alla procura di Venezia e utilizzato dal Pubblico Ministero per il suo processo contro i vertici della Montedison. Le indagini e il processo mettono in evidenza verità già note da tempo ai più informati: il Petrolchimico, con la sua lavorazione tossica del cloruro di vinile, ha provocato il cancro e la morte di non pochi operai ed è la principale causa del disastro ambientale della laguna di Venezia.

Nell’ultima riunione di via Pasini, la discussione sui temi della nocività era stata molto aspra: le posizioni emerse non sembravano facilmente conciliabili, con grande rammarico di Eugenio. Ripensandoci, al bar da Pesce, egli è sempre più convinto della necessità di una mediazione politica, tutt’altro che facile e scontata.
Si incontrano, come convenuto, al bar da Pesce, ma decidono sùbito, vista la delicatezza degli argomenti da discutere, di riunirsi nella sede di Via Pasini mezz’ora dopo: giusto il tempo di una camminata, utile a Eugenio per riflettere, a mente fredda, sulle questioni più importanti già affrontate nella riunione precedente.
Si incammina tutto solo, avvolto da un’aria pesante, sporca, quasi liquida. Gli occhi bruciano. La gola è arsa e irritata. La respirazione – altalenante, leggermente affannosa, prevalentemente nasale – rende più acuta la percezione degli odori. Gli odori della chimica. L’odore del benzene, pungente, irritante, aromatico, simile a quello della vernice fresca o dello smalto per unghie, si mescola all’odore dolciastro del cloruro di vinile. Odori familiari. Gli abitanti del luogo non li associano al pericolo o alla malattia, ma li considerano…

[qui mi fermo – l’anticipazione dà forse l’idea del nuovo taglio narrativo assunto dal testo dopo l’Introduzione]…