Frammenti inediti. 2. Arianna

Arianna

Avrebbe dovuto vederla, di lì a poco, per cenare assieme in qualche ristorante vicino al Palais Royal, o forse altrove. Voleva raccontarle di sè e dei suoi progetti. Da qualche tempo, facendo forza su se stesso, cercava con lei l’assoluta trasparenza delle parole, dei gesti, dei pensieri. Inseguiva quella chiarità impossibile in cui lei credeva e che gli era stato così penoso conquistare o, più semplicemente, lambire. Voleva interrompere il gioco rischioso che aveva lavorato, corroso – ma forse arricchito – la loro convivenza: la partita a scacchi tra la dura innocenza del visibile e la dolente perfidia del nascondimento, della duplicità, dell’inutile rimorso. Non avevano mai dismesso quell’agone crudele, dove l’analisi persegue lo smascheramento e la passione evoca i rumori stridenti della battaglia.
In questa guerra d’amore interminabile, spesso interrotta dai dolci rituali della sopravvivenza, la bellezza di Arianna si era come consolidata e arricchita: le superfici del volto lasciavano trapelare, accanto alla gravità dell’espressione, la fanciullezza solare dei lineamenti e l’incerto stupore dello sguardo.
Il carico doloroso del passato – un padre idolatrato e perduto alle soglie della giovinezza – aveva impresso alla sua fisionomia una tensione irreversibile, temperata dall’incerto chiarore dell’attesa continua, della domanda inesauribile, del desiderio che non conosce posa né fissa dimora.
Aveva spesso ingannato gli interlocutori disattenti: la soavità dei modi, la trasparenza dei gesti e delle parole, assieme all’abile e accattivante capacità d’ascolto, formavano una corazza impenetrabile, utile a nascondere, dietro lo schermo del prudente riserbo, gli amari tormenti dell’inquietudine. Le buone maniere erano, per Arianna, un sedativo rassicurante, collaudato dalle reminiscenze antiche e incancellabili di un’infanzia felice: la banda gioiosa dei piccoli amici, di cui era stata leader indiscusso e benevolo; la villa patrizia, poco distante dalla casa paterna, dove l’atmosfera esclusiva delle feste veniva filtrata dall’innocente curiosità di uno sguardo infantile; i dolci rituali dell’amicizia e dell’ospitalità, capaci, da soli, di bilanciare la freddezza affettiva della madre; i regali inattesi del padre, che anticipavano, come per incanto, i moti repentini dei suoi desideri. Un mondo di gentilezza e di buone maniere, lacerato dalle devastazioni del lutto, ma conservato gelosamente da una memoria indistruttibile.
Le meccaniche della rimembranza erano diventate, per Arianna, il sostegno sicuro e collaudato dell’identità. La gentilezza e l’osservanza spontanea delle forme la mettevano, in qualche modo, al riparo dalle aggressioni del mondo; al tempo stesso le avevano consentito, con il passare degli anni, di occultare senza fatica le scaltrezze, le tattiche e le prudenti reticenze di cui è tristemente intessuto il diuturno lavorìo delle fatiche mondane. L’abile tessitrice, esperta nello scansare persone e situazioni sgradevoli, trovava nel rapporto di coppia il luogo privilegiato in cui far esplodere la sua domanda radicale di coinvolgimento, la sua sete di trasparenza, il suo inesauribile appetito di fusionalità. Quanto più lui si sottraeva, alternando ambiguità ed assenze con trasporti affettivi imprevedibili, tanto più lei, quasi eccitata da questo gioco di dedizioni e di nascondimenti, sospingeva ai suoi limiti estremi la passione dialogica dello smascheramento: gioco della verità e del disincanto, teso al perseguimento di una felicità emotiva irragiungibile.

One comment to “Frammenti inediti. 2. Arianna”
  1. Come ho già detto: lo spazio dorato della parola, la sua magia, quando ripropone la concretezza del vissuto. E’ un pezzo incantevole.

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