Nell’affascinante libro di Aby Warburg, Il rituale del serpente, vengono descritte in maniera minuziosa le prime tracce di una “antropologia della morte” e di come l’essere umano – da quando una scimmia cominciò a tracciare strani graffiti sui muri – abbia sempre interrogato il mondo circostante e se stesso sull’Oltre. Un vero e proprio doppio la morte, che attraversa ogni espressione dell’esistenza e le produzioni artistiche, l’avvenimento che rende tutto così vero e contemporaneamente caduco. E. Morin ha dedicato un altro testo straordinario, ormai un classico, all’argomento: L’uomo e la morte. In una recente intervista televisiva, Ines Testoni, direttrice del Master in Death studies a Padova, ha spiegato che questi lavori nascono in un’ottica nichilistica. Cosa si intende? Vuol dire che il principio su cui si sviluppa questo sentire sarebbe tipicamente occidentale, è si fonderebbe sull’idea – errata – che dall’essere si possa passare al nulla.1 Tale prospettiva e il semeion fondamentale delle terre del tramonto: se leggiamo Platone, e arriviamo fino ai nostri giorni, comprendiamo quanto il rapporto con il nulla sia la trama nemmeno tanto segreta del nostro procedere quotidiano e della nostra risposta intellettuale all’Esserci.

Enrico Facco ha dedicato un ottimo studio sull’argomento, intitolato Esperienze di premorte. Scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica, dove si dimostra quanto la sopravvivenza della coscienza sia argomento scottante e non riguarda solo i recenti studi, ma è patrimonio dell’umanità. Il secolo appena trascorso ha visto un interesse maggiore sull’argomento probabilmente grazie anche a un più severo approccio medico alla questione. La domanda se esista un dopo non viene attribuita alla fantasia di culture antiche, ma è l’orizzonte su cui interrogarsi attraverso una analisi del cervello, coadiuvata da esperienze legate alla fisica quantistica, alle indagini sulle sostanze allucinogene, a un approccio più razionale. Per alcuni può sembrare una contraddizione, ma gli studi sono lì a dimostrare che il fenomeno esiste e persiste. I primi a parlarne furono Raymond Moody nel 1975 con La vita oltre la vita e Elisabeth Kübler-Ross, considerata la fondatrice della psicotanatologia. (In Italia ricordiamo i lavori di Ornella Corazza, la quale esclude che le sostanze psicotrope siano sempre la causa di certi stati di coscienza, e Davide Vaccarin, autore di Approccio medico alla fenomenologia delle esperienze di premorte). Da allora gli studi si sono moltiplicati e il fenomeno ha attirato una attenzione maggiore, ma a dire la verità la volontà dell’uomo di esplorare l’oltre e comunicare con i trapassati è stata sempre presente. Come non ricordare gli studi di parapsicologia di Ernesto Bozzano, le storiche sedute di Eusapia Palladino o le ricerche spasmodiche di Arthur Conan Doyle di comunicare con l’amato figlio morto? È evidente, dunque, che si tratta di fenomeni innegabili e da esplorare con rigore e metodo.

In Italia da qualche tempo c’è un gruppo che ha deciso di affrontare la questione con la massima serietà, elaborando un percorso molto preciso per studiare ciò che viene comunemente chiamato il paranormale. Si tratta del GRIM (Gruppo di Ricerca Italiano sulla Medianità) il cui obiettivo è provare a stabilire un confine tra chi si propone come medium e chi manifesta delle caratteristiche osservabili e misurabili che confermano una specifica predisposizione a questo tipo di attività. Coadiuvati da Fernando Sinesio, Laura Liberale e Patrizio Tressoldi, autori di un articolo sul tema. Il GRIM dal 2018 sottopone a verifiche quanti volontariamente si rivolgono a loro come medium, attraverso un esame studiato per identificare e quantificare le competenze di questi soggetti.

Al medium viene dichiarato solo il nome del richiedente e del defunto da contattare; dunque, non ha alcun modo di rintracciarne la biografia né di stabilire l’identità di chi si sottopone alla canalizzazione e neppure di acquisire altri tipi di informazioni. Al richiedente viene chiesto, da un ricercatore diverso da quello che contatterà il o la medium, di compilare un modulo fornendo alcuni dati. Quando vengono ottenuti i responsi, alla persona che ha chiesto di contattare un proprio caro verranno offerte due “letture”, e solo allora questi potrà verificare quale delle due sia più esatta. Non finisce qui: il medium deve affrontare almeno altre due sedute prima di esser giudicato affidabile (è possibile infatti che sia molto preciso con un soggetto e poco con altri).2

Questo metodo, basato su percentuali di fallimento e successo molto chiare e sottoposto a doppio controllo, sta dando risultati davvero sorprendenti. Poiché si tratta di una questione delicata, ho chiesto a una collaboratrice la possibilità di propormi come sitter (volontario), richiesta che è stata gentilmente accontentata. Nella prima canalizzazione le risposte ottenute erano misurate su una scala da zero a sei: su un resoconto ho valutato l’accuratezza con 2 e su un altro con 5. Quello riguardante il sottoscritto era proprio il secondo (ne sono stato informato dopo, per non inquinare il test). Poiché questa medium non ha passato il protocollo doppio nonostante con me abbia rivelato molti fatti veritieri, ho chiesto un secondo esperimento, stavolta diretto, attraverso videochiamata. In questa “fase due” ho conosciuto una medium che nel suo dialogo con “gli altri” mi ha fornito informazioni accurate.

In definitiva, ho potuto sperimentare la serietà con cui il GRIM affronta la questione, e spero che la sperimentazione continui, anche riguardo le OBE, le NDE e i fenomeni relativi alla coscienza in generale.

La domanda che i lettori si staranno ponendo, tuttavia, forse è un’altra: queste manifestazioni hanno un riscontro scientifico o sono frutto dell’immaginazione di chi sostiene di assistervi o di esserne protagonisti? Da ricercatore, non posso che sospendere il giudizio e attendere nuovi dati. Ciò che è indubbia è la serietà e l’onestà intellettuale dei membri del GRIM e l’attendibilità dei dati raccolti. Gli scettici sostengono che le risposte dei medium, spesso generiche, sono adattabili un po’ a tutti e per tale motivo le percentuali di successo sono elevate. Naturalmente l’obiezione è legittima e verosimile, ma non inficia l’accuratezza di certe descrizioni o “l’atmosfera” percepita nella canalizzazione. Nel mio caso personale, sarebbe stato più conveniente per la medium non aggiungere altro dopo avermi fornito dati molto precisi, invece ha proseguito il dialogo agendo quasi contro il suo interesse, e questo mi porta a considerare l’esperienza con meno scetticismo e maggiore rispetto verso questo tipo di ricerca.

Se tutto ciò venisse confermato, si aprirebbero scenari enormi sia dal punto di visto filosofico che scientifico. Sarebbe errato pensare che una coscienza immortale, di qualunque genere fosse, risolverebbe infatti le nostre angosce più inquietanti. Wittgenstein sostiene che:

«L’immortalità temporale dell’anima umana, ossia la sua sopravvivenza eterna anche dopo la morte, non solo non è garantita, ma soprattutto è un’ipotesi che non corrisponde a ciò che si vorrebbe ottenere. Forse la mia sopravvivenza in eterno risolverebbe un enigma? Questa vita eterna non sarebbe altrettanto enigmatica quanto la vita presente? La soluzione dell’enigma della vita nello spazio e nel tempo sta al di fuori dello spazio e del tempo».3

Siamo davanti a un bivio della storia: gli studi sul cervello e le nuove tecnologie potranno probabilmente offrire delle risposte più vincolanti e aprire scenari inaspettati. Nel frattempo, centri di ricerca come il GRIM sono un baluardo contro l’approssimazione e i ciarlatani, ma anche contro lo scientismo integralista, il quale è capace di causare danni non meno delle superstizioni più bieche.

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Note:

1) Cfr. a proposito E. Severino, Essenza del nichilismo, Adelphi, 2019.
2) Per conoscere il protocollo nei dettagli: http://www.patriziotressoldi.it/cmssimpled/uploads/images/papers/GRIM%20Protocollo%20valutazione%20medium.pdf
3) L. Wittgenstein, Tractatus, Einaudi, 2009, n. 6.4312.

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Immagine di copertina:
un fotogramma da Alejandro Amenábar, The Others, 2001.