[Pubblichiamo l’introduzione del saggio di Francesco Corigliano, La letteratura weird. Narrare l’impensabile (Mimesis, 2020)].

Questo studio si propone di indagare la natura della weird fiction, o letteratura weird. Pur risalendo al diciannovesimo secolo, oggi questa categoria appare sempre più citata e sfruttata, sia in ambito editoriale che accademico, tanto in Italia quanto all’estero.

In ambito anglosassone la weird fiction è analizzata in relazione ai contesti sociali e culturali, e ultimamente le sue proprietà vengono messe in relazione alle prospettive filosofiche del realismo speculativo e alla ridefinizione del concetto di genere sessuale. Lo studio The Weird and the Eerie (2016) di Mark Fisher, importante teorico del contesto socio-politico occidentale, ha inoltre contribuito a portare il termine weird al centro del dibattitto sul mondo moderno e sui suoi meccanismi.

Anche in Italia il weird è stato al centro della discussione tra autori e critici a proposito di classificazioni a essa direttamente collegate, come il “Novo Sconcertante Italico” e il “New Italian Weird” italiano, etichette che si legano alle esperienze di scrittori quali Vanni Santoni, Luciano Funetta, Veronica Raimo, Orazio Labbate, Michele Mari e altri.

Corigliano, La letteratura weird

Pur essendo al centro dell’attenzione in diversi ambiti umanistici, però, la weird fiction appare come una categoria fugace e dal significato cangiante, tesa a indicare di volta in volta qualcosa di diverso. Lo stesso termine weird, solo parzialmente traducibile in italiano come “strano”, si fonda su un senso di ambiguità e indeterminatezza, evidenziando un’irriducibilità a significati chiari e determinati: un bizzarro che si definisce per ciò che non è, implicando una difficoltà di classificazione quasi necessaria.

In effetti, pur non mancando gli studi interamente dedicati alla letteratura weird, sembra impossibile risalire a un significato univoco; il weird può indicare un determinato genere letterario quanto un modo narrativo, ma anche una categoria editoriale, l’insieme della narrativa pubblicata sui pulp magazines tra gli anni ’30 e ’40 negli Stati Uniti d’America, o magari trasformarsi in un sinonimo di letteratura fantastica, gotica, del soprannaturale. Il New Weird si configura come un genere letterario fondato interamente sull’essere un rinnovamento del weird stesso, mentre sempre più facilmente opere cinematografiche e videoludiche vengono definite weird.

Queste ambiguità non possono far desistere dal proposito di capire precisamente di che cosa si parli quando si parla di weird fiction; di riconoscere, in buona sostanza, che cosa indichi questo termine così allusivo e sfuggente, diffusosi intorno a un tipo di letteratura specifico, un insieme che doveva evidentemente presentare delle caratteristiche che lo differenziassero dal resto. È possibile, e forse anche doveroso, slegare questo termine dall’associazione diretta ai pulp magazines e interrogarsi sui suoi rapporti con il resto della letteratura coeva, “di genere” o meno.

L’unico modo per farlo sembra quello di risalire, criticamente e teoricamente, alle origini di questo oggetto, soffermandosi sull’aspetto squisitamente letterario e considerando quando si è iniziato a parlare di weird fiction e in che modo. Si deve riuscire a isolare il rumore di fondo, e le connotazioni più contemporanee attribuite alla letteratura weird, senza però rinunciare a trovarle una collocazione nel più ampio panorama della letteratura del soprannaturale, nella quale – come vedremo – il weird pare inserirsi. Nonostante diversi assunti di partenza, infatti, nella maggior parte delle posizioni critiche esso sembra associato alla perturbazione della realtà, all’alterazione dello status quo delle leggi naturali e della loro percezione. Ma è importante non cedere alla semplificazione, limitandosi a far rientrare la letteratura weird nel grande calderone del “fantastico” o dello “speculativo”; proprio per questo sarà opportuno stabilire i confini del fantastico stesso, considerando la sua permeabilità e la sua capacità di mutare nel tempo, adattandosi a contesti diversi, e osservando classici della letteratura occidentali in funzione del loro rapporto col soprannaturale.

Si procederà proprio a partire da quesiti relativi alla letteratura del soprannaturale, e nello specifico alla sua evoluzione tra diciannovesimo e ventesimo secolo; parallelamente, ci si interrogherà sulle caratteristiche precise della weird fiction, contestualizzandola nel momento del suo affermarsi sui pulp magazines statunitensi, eppure senza fermarsi a essi. Dall’incrocio di queste due inchieste risulterà un tentativo di definizione, tenendo sempre presente la difficoltà di inquadrare con precisione un oggetto così “strano”, e giungendo a una determinazione che distingua tra “genere letterario” e “modo letterario”. Seguirà quindi un’analisi dei testi di tre scrittori, autori di testi spesso riconosciuti come weird: Howard Phillips Lovecraft, Stefàn Grabiński e Jean Ray. La selezione, come si vedrà, è dovuta sia a criteri cronologici che stilistici: proiettati nel XX secolo, ma culturalmente legati al centennio precedente, queste tre diverse personalità hanno condotto delle personali reinterpretazioni di temi classici della narrativa del soprannaturale, sviluppando tre diverse poetiche dell’irreale che risultano ben comparabili tra loro. Sottoposti a stimoli analoghi – la letteratura fantastica del XIX secolo – questi autori, appartenenti a letterature e contesti culturali differenti, offrono l’occasione per verificare i rapporti tra il fantastico e il modernismo; la rappresentazione dell’impensabile deve necessariamente fare i conti con i meccanismi più interni della letteratura, con l’idea del verosimile, e in definitiva con ciò che noi stessi pensiamo come “reale” nel corso della nostra esistenza .

Inoltre, trattare Grabiński e Ray significa anche svincolare il weird dall’ambito della letteratura anglosassone; sebbene sia innegabile che buona parte della narrativa riconosciuta come weird fiction sia stata prodotta da autori britannici, statunitensi o canadesi, non si può orientare soltanto su base linguistica lo studio di una categoria potenzialmente trasversale. Più che costituire un pregiudizio culturale, l’idea di un weird esclusivamente anglosassone potrebbe derivare da un vizio di forma nell’atteggiamento classificatorio – il quale, come abbiamo detto più sopra, deve confrontarsi con un’etichetta dai confini vaghi, e spesso usata in modo arbitrario.

Si spera, dunque, che capire esattamente cosa sia il weird permetta di contestualizzarlo e anche di riconoscerne le evoluzioni: non mancheranno infatti riferimenti ad autori e testi contemporanei, che abbiano attinto alle modalità e ai temi di questo affascinante, e oscuro, atteggiamento letterario.

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Immagine di copertina:
fotogramma dal videogioco Necronomicon: The Dawning of Darkness, 2000, Wanadoo Edition