Paura della scienza. L’età della sfiducia dal creazionismo all’intelligenza artificiale di Enrico Pedemonte (Treccani, 2022) è un saggio divulgativo illuminante sotto vari aspetti. Sebbene si occupi di ricerca scientifica, è certamente un testo di sociologia politica e cognitiva ma anche un atto d’accusa ben preciso contro il potere, «imputato principale» (p. 15), come ci spiega il suo autore, di quella sfiducia nella scienza che ha ormai abbracciato grandi strati della nostra società. Pedemonte, giornalista, scrittore e divulgatore,1 arriva a definire questo atteggiamento scientifico sintomo di una Grande Rabbia la quale, come un virus ben più subdolo del Covid-19, si sta insinuando ovunque.

Enrico Pedemonte, Paura della scienza

Se l’illuminismo sei-settecentesco ha rappresentato l’apice della fiducia nella disciplina scientifica, oggi assistiamo invece a un tracollo profondo: la ricerca viene percepita come compromessa, di parte, spesso al soldo di grandi multinazionali (Big Pharma, Astrazeneca, Montaldo, ecc.), eccessivamente privatizzata e rivolta al guadagno a tutti i costi, e quindi indirizzata non a liberare l’uomo ma a soggiogarlo, ammansirlo, domarne le istanze libertarie. Lungi dal definire queste accuse semplicemente ridicole, l’autore le prende estremamente sul serio, dimostrando quanto non siano sempre infondate.2 Quando il potere infatti si intromette nelle scelte dei ricercatori, indicando percorsi e metodi, ma anche fornendo bagagli ideologici privi di fondamento per esclusivo interesse economico, ecco che si arriva a leggere in notiziari e riviste di fatti “scientifici” poi rivelatisi falsi.

È il caso di ricerche e ricercatori al soldo di compagnie private senza scrupoli, i quali prima di essere sbugiardati da chi opera con serietà e spirito oggettivo,3 provocano danni incalcolabili. Nel libro, Pedemonte riporta molti casi interessanti, come ad esempio l’uso del radio. La sostanza radioattiva ha provocato nella prima metà del Novecento moltissimi morti, perché utilizzata superficialmente. Le donne si strofinavano sui denti la polvere di radio per moda, poiché li rendeva fosforescenti la notte. Ci volle poco per registrare tumori alle mascelle, perdita di dentature, dolori lancinanti. Nonostante la prudenza e i dubbi sollevati da molti scienziati, la resistenza dell’opinione pubblica fu alta a causa delle “contro-prove” utilizzate senza scrupolo da chi con il radio faceva enormi affari.4 Questo è solo uno degli esempi in cui la comunità si è sentita combattuta tra varie opinioni, e infine tradita, imputando le colpe alla scienza. Oggi siamo arrivati all’apice del sospetto, a un cambiamento epocale:

«La fiducia degli illuministi nella ragione era basata sulla convinzione comune che esistesse una sola realtà che poteva essere indagata per mezzo della ragione umana. Oggi l’opinione pubblica è così polarizzata da non concordare più sull’esistenza di una realtà comune […]» (p. 91).

A fondamento del successo di queste politiche del sospetto, oltre ai casi di cronaca degli ultimi decenni, vi è dunque qualcosa di più profondo, un tema culturale e psicologico: la paura. Le nostre società sembrano sempre più in crisi di identità, minacciate da uno sviluppo insostenibile, e sottomesse a una logica del mercato spietata, dove il profitto è il fine unico – o quasi – dell’imprenditoria mondiale. Ebbene, tutto ciò non può far altro se non generare preoccupazione e ambiguità, ridurre le capacità cognitive e la lucidità d’analisi. Il risultato è una regressione in un’area di sicurezza dove viene garantita la propria incolumità e solidità, in grado di produrre appartenenza e serenità. Spesso ciò avviene nella religione, per esempio, e gli evangelici americani rappresentano un esempio perfetto della situazione. Alle loro teorie Pedemonte dedica un capitolo davvero inquietante: per noi europei, anche se rigurgiti di ignoranza sono presenti persino qui da noi, è difficile pensare a un mondo creato seimila anni fa “perché lo dice la Bibbia”, o che anche nel medioevo ci fossero i dinosauri, ma la realtà dell’America profonda raccolta altro. Intere comunità si stringono intorno a sicurezze velleitarie ma in grado di fornire una base sociale di serenità, quella serenità spazzata via dal capitalismo selvaggio degli ultimi cinquant’anni e oltre. A contribuire a questo clima culturale ci sono ovviamente anche persone estremamente colte e istituzioni. Sarebbe sbagliato stigmatizzare tali eventi sociali come stupidi, o snobbarli con scherno: si tratta di risposte precise a problematiche psicologiche che non lasciano immuni nessuno. Si pensi ai filosofi a loro sostegno. Pedemonte è giustamente severo con loro, quando estremizzano le loro analisi fino a mancare di lucidità oggettiva, ma non le liquida sbrigativamente: ne individua il fondamento fallace e la sua origine.

La disamina è affascinante e tremendamente seria. Dai vaccini agli OGM, dai danni causati dal fumo delle sigarette alla genetica, ogni settore della ricerca sembra diviso in due schieramenti: i catastrofisti – così le industrie più spregiudicate bollano quanti optano per la prudenza e la pazienza nell’ottenere dati concreti – e gli incoscienti, ovvero chi abbraccia ogni ricerca e invenzione senza domandarsi dove porterà l’uomo e la società.5

Due atteggiamenti in continua lotta, a cui bisogna rispondere con la vera scienza. Ma qual è? Sicuramente, ci avvisa l’autore, la ricerca scientifica seria ha bisogno che il potere con intenti esclusivamente affaristici si intrometta il meno possibile, o sia monitorato in un contesto di regole condivise. Ogni volta che interessi politici e privati spingono per dichiarare innocui risultati invece preoccupanti, si creano danni per la comunità intera. Ciò accade per il global warming o per le energie alternative, ma anche per la frontiera prossima dell’intelligenza artificiale, a cui l’autore dedica delle riflessioni appassionanti.

Il panorama culturale in cui questa battaglia ideologica si esprime nasce principalmente nel paese dove la tecnologia e i grandi colossi digitali sono più sviluppati: gli Stati Uniti.6

Ciò che si sta verificando parte da lì, sebbene abbia le sue radici filosofiche anche in Europa. Tentando di fare una sintesi ingenerosa possiamo dire che i paradigmi pluralistici degli anni ’70, la demolizione politica della verità autoritaria e la liberazione postmoderna di istanze sociali relativistiche, dopo aver portato a conquiste senza dubbio positive, si è vista paradossalmente scippare il suo metodo. Dalla sinistra alla destra: è oggi l’area conservatrice ad aver adottato il linguaggio libertario, creando una impasse estremamente interessante seppur pericolosa. Ora è Trump o chi per lui a parlare di altre narrazioni, punti di vista, verità plurali. È un fenomeno che si è poi riflesso in Europa causando uno sconvolgimento incredibile. I poteri conservatori, per sostenere i loro principi, hanno sposato la “narrazione postmoderna” per difendere le proprie posizioni nei confronti degli avversari e respingere le pubbliche accuse.

La scienza e le sue conquiste vengono bollate spesso come “parziali” o ideologizzate (si pensi ai no-vax, ai no-OGM ecc.) e le scelte reazionarie si autodefiniscono sovente pratiche di libertà.

La questione è enorme, come si può evincere, e per questo bisogna capire quanto sia necessaria una scienza che non paghi i debiti di una società divisa nelle sue regole di gioco. Oggi la sfiducia nella ricerca è ai massimi storici, e ciò non può che essere un danno per tutti: a Napoli, nel 1973, durante l’epidemia di colera, la gente protestava per avere più vaccini; oggi assistiamo a contestazioni per non averne. Comprendere dove stiamo andando, e in che modo, è fondamentale, e per questo ritengo il saggio di Pedemonte una delle opere più importanti nel panorama culturale italiano degli ultimi anni. Paura della scienza è un libro da leggere nelle scuole, perché non solo parla di noi e del nostro futuro, ma ci aiuta a discernere meglio cosa dobbiamo fare, come agire.

Il testo è dedicato a Rossella Panarese, ricercatrice e collaboratrice di Radio Tre Scienza, la quale espresse al meglio un tema cruciale, cioè l’importanza del concetto di cittadinanza, che non concerne solo diritti, ma anche alcuni doveri di responsabilità individuale, dei quali informarsi è il primo. Si tratta in definitiva di ritrovare fiducia nella scienza e nel suo metodo, ma anche di non bollare le paure più comuni delle persone e cercare di ricreare l’elemento più importante, perso in questi anni: l’idea di una comunità, in cui prevalga l’amore per il sapere libero e condiviso.

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Note:

1) Laureato in Fisica, è corrispondente da New York per l’Espresso, caporedattore presso la Repubblica e autore di numerosi saggi.
2) Si legga in particolare il capitolo Gli scienziati contro la scienza, p. 185.
3) Il tema del finanziamento pubblico e privato della ricerca è fondamentale e dovrebbe essere dibattuto nei parlamenti.
4) I casi raccontanti da Pedemonte sono molteplici. Si rimanda al libro per ulteriori approfondimenti.
5) Si legga in particolare il capitolo La scienza divisa a p. 149, dove si spiegano le differenti posizioni degli scienziati intorno ai documenti rappresentativi dei diversi atteggiamenti: la Great Barrington Declaration e il John Snow Memorandum.
6) Una curiosità: le numerose note al testo sono quasi sempre collegate al mondo anglosassone e americano, a sottolineare, a mio avviso, quanto l’Italia trascuri troppo la ricerca scientifica nel dibattito pubblico.

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Immagine di copertina:
dettaglio da Thomas Eakins, The Gross Clinic, 1875, Philadelphia Museum of Art.