«Di cosa è fatta la materia? Oggi viviamo in una società ossessionata dai problemi della composizione chimica, e per buoni motivi. Il piombo della benzina spunta fuori nelle distese nevose dell’Antartico, il mercurio avvelena i pesci in Sud America, il radon costituisce un rischio per la salute nelle regioni ricche di granito e l’arsenico naturale contamina i pozzi in Bangladesh» (p. 11).

La riflessione sulla composizione della materia, i suoi elementi principali e il rapporto che la nostra cultura intrattiene con essi rimangono ancora da esplorare. Il mondo in cui viviamo è costituito da vari elementi, i quali intrecciandosi, mescolandosi, incastrandosi l’un l’altro danno forma a una composizione eterogenea di elementi più o meno complessi. Questi elementi, tuttavia, rimangono materici a loro volta; li si può toccare, gustare, vedere, odorare. Gli elementi costellano la nostra percezione e allo stesso tempo la strutturano dall’interno. Noi stessi siamo costituiti da una moltitudine di elementi organici e inorganici che, nella loro collaborazione, danno luogo all’esperienza del mondo. In altre parole, siamo noi stessi un assemblaggio di elementi; siamo materia autocosciente.

Sembra un poco paradossale pensarci come una materia che cerca di conoscersi. Però tale discorso appare rilevante poiché la materia, propriamente a partire da questo fatto, non è poi così banale da pensare. Non c’è nulla di ovvio circa gli elementi e la materia. Ancor meno banale è riuscire a pensare la materia come una sommatoria di elementi; siano essi atomici, molecolari, complessi, ramificati, stratificati. Siamo materia, siamo carne e sangue, ossa ed energia; d’accordo. E questa materia già data che ci costituisce come corpi nel mondo, di quali elementi è fatta? In fondo,

«il mondo vivente non è granché ricco di elementi. Solo quattro di essi vengono trasformati continuamente in molecole del corpo: carbonio, azoto, ossigeno e idrogeno. […] Di tutti gli elementi naturali, possiamo dire che undici sono i costituenti primi della vita e un’altra quindicina sono oligoelementi essenziali, di cui quasi tutti gli organismi viventi hanno bisogno» (p. 11).

Dunque, solo una manciata di elementi forma la materia del vivente. Eppure, la tavola periodica ha ben 118 elementi. Se andiamo ad osservare la storia della tavola, però, scopriamo che gli elementi si sono individuati man mano lungo la storia. L’oggetto “elemento” è stato via via costruito secondo le varie prospettive tecnologiche e scientifiche del relativo periodo storico. Esiste difatti un intreccio sorprendente tra la materia, gli elementi e la cultura umana. Già nell’antica Grecia i primi filosofi pensavano alla materia come ad una traccia della commistione osservabile in natura, laddove acqua e aria, terra e fuoco, caldo e secco, umido e freddo si intersecano nel mondo naturale. La mescolanza degli elementi, nonostante il tentativo di ridurre il molteplice a un sistema più semplice, trasforma la loro forma e lo stato fisico nel loro incontro, insegnando ai grandi pensatori della storia che le cose cambiano, divenendo altro da sé. Quando due elementi si incontrano emerge una commistione che non li lascia inalterati, ma li trasforma radicalmente. L’acqua evapora o si congela, il legno brucia e si trasforma in cenere, i metalli fondono. Tutti gli elementi nascondono dentro sé, in rapporto ad altri elementi, la possibilità di trasformarsi in un’altra sostanza. Ogni elemento può convertirsi in un altro.

Proprio sulla scia di queste osservazioni del mondo materiale, emerge l’alchimia. Essa ha fornito, grazie al suo sistema di corrispondenze e classificazione, i fondamenti teorici alla metallurgia. Infatti, l’idea degli alchimisti era quella di trovare un modo di accelerare artificialmente il processo di trasformazione dei metalli. La filosofia, l’alchimia, e altre correnti di pensiero circa gli elementi e la loro composizione e trasformazione, sono stati il principio della chimica moderna. Infatti, già a metà del secolo scorso, l’obbiettivo dell’alchimia è stato raggiunto; chimici e fisici oggi collaborano nella creazione di nuovi elementi, sostanze mai viste prima sul pianeta.

Philip Ball, Elementi

Il libro Elementi. Di cosa è fatto il mondo in cui viviamo di Philip Ball (Mimesis, 2022), uno dei più importanti divulgatori scientifici, ci accompagna nella storia degli elementi in relazione alle scoperte scientifiche che hanno cambiato il mondo. Secondo l’autore, gli elementi e la composizione della materia ha avuto un enorme effetto su di noi. Lungo le scoperte scientifiche e la classificazione degli elementi, la società umana è stata modificata dal loro utilizzo senza rendersene davvero conto. Dalle strutture architettoniche permesse dalla lavorazione di determinati materiali, fino ad arrivare alla bomba atomica e alla nascita dei computer, gli elementi hanno avuto un enorme impatto sulla società e sullo sviluppo della cultura umana. Infatti, la nostra interazione con il mondo passa attraverso elementi nuovi, scoperti in modo serendipico o grazie all’attenta osservazione sperimentale.

Ciò che l’autore sottolinea con grande efficacia, è che la storia degli elementi parla delle nostre interazioni culturali con la natura e la composizione della materia. Nel tentativo di afferrare la nozione di “elemento”, si sono create intere scuole di pensiero, le quali hanno modificato la riflessione filosofico-scientifica del mondo. Pensare agli elementi significa non solo riflettere sulla composizione atomica e la struttura interna della materia, ma altresì domandarsi come è emersa la vita organica da quella inorganica, perché la composizione chimica dell’aria è una conseguenza della formazione della vita, quanto tempo ha l’universo e di cosa è fatto il pianeta più distante della nostra galassia.

Gli elementi della materia, però, non si fanno intrappolare così facilmente. Sono sfuggenti, scivolano via cambiando stato e forma, peso e struttura, in una perpetua danza. Più volte la scienza ha cercato di definire gli elementi, pensando ogni volta di averli scoperti e catturati tutti. Tuttavia, le loro proprietà, proprio per la loro intrinseca mutevolezza e mescolanza, non sono affatto banali da pensare. Basti pensare a come la meccanica quantistica abbia modificato la nostra visione degli elementi, laddove è impossibile indicare con esattezza la posizione di un elettrone in un atomo. Certamente possiamo calcolare la probabilità che si trovi in un certo punto in un certo momento, ma questo non rende fragile e incerta la nostra stessa realtà? Cosa dovremmo dedurre dall’incertezza e la mutevolezza degli elementi riguardo il nostro corpo, il futuro, gli oggetti che ci stanno di fronte qui ed ora? Lo studio degli elementi cambia la nostra interpretazione del mondo. Per tale ragione il libro ci espone indirettamente una semiotica degli elementi, i quali ci parlano di noi modificando costantemente il significato che diamo alla materia, le sue forme e le differenti applicazioni. La tavola degli elementi, infatti, è la forma con cui abbiamo rinegoziato nella storia della chimica il valore degli elementi del mondo e il loro significato.

Il libro di Philip Ball apre molteplici dibattiti riguardo la storia degli elementi e l’effetto sulla nostra cultura. E questo appare davvero rilevante quando incontriamo correnti di pensiero come i cosiddetti “nuovi materialismi”. Si pensi alle neomaterialiste e postumane come Donna Haraway, Rosi Braidotti, Elizabeth Gros, Katherine Hayles, Vicky Kirby e Karen Barad. Come ci sentiamo rispetto a questa vitalità e vibrazione della materia? Come analizzare il testo degli elementi nella tavola periodica? Quale interpretazione ondulatoria dare agli elementi che la compongono? Forze chimiche, fisiche, energetiche sottendono le dinamiche che emergono nel mondo della natura. Che tipo di agency hanno gli elementi? Quali sono le intensità da attribuire al rapporto tra l’umano e gli elementi durante la scissione dell’atomo o la fissione nucleare?

Si cerca un ordine, una struttura comune, una classificazione. Eppure, molte delle caselle nella tavola periodica sono vuote. Molteplici elementi sono ancora da scoprire, mentre altri appartengono alla nostra idea del mondo naturale. Ci siamo evoluti con gli elementi e il loro utilizzo, e allo stesso tempo ci siamo evoluti dagli elementi nella nostra origine ancestrale. A questo proposito, bisogna sottolineare che l’evoluzione che attribuiamo solitamente alla vita organica partecipa anche al livello degli elementi al di fuori del nostro pianeta.

«Dunque, Norman Lockyer e William Crookes avevano ragione, per lo meno a grandi linee: nelle stelle c’è un’evoluzione degli elementi. La produzione stellare degli elementi si chiama nucleosintesi ed è responsabile della Terra e di quasi tutto quel che vediamo sul nostro pianeta. Solo l’idrogeno, una parte di elio e una piccola quantità degli altri elementi sono “primordiali”, cioè prodotti dal Big Bang. Tutto il resto è stato forgiato nelle stelle» (p. 109).

Gli elementi, in conclusione, non ci parlano solo del passato e del presente, ma altresì del futuro. La medesima era nella quale ci troviamo, ovvero l’Antropocene, è determinata dagli elementi che stanno deteriorando il pianeta e le sue forme di vita. In fondo, quando i geochimici hanno indagato la storia della Terra grazie agli isotopi radioattivi, non hanno fatto altro che riscontrare elementi che la nostra specie ha inserito massivamente nella composizione chimica del pianeta. In tal modo gli elementi ci parlano del cambiamento climatico, dell’acidificazione degli oceani, dell’infertilità dei terreni, della radioattività e del tempo che ci rimane prima del punto di non ritorno. Se l’era nella quale viviamo, determinata in base ad uno studio stratigrafico in cui si rilevano tracce di elementi materiali, ci dice qualche cosa, questo qualcosa riguarda gli elementi stessi. Sono gli elementi che riscontriamo nel ghiaccio, nel suolo, nell’aria che ci definiscono per quello che siamo. Gli elementi ci parlano di noi. In fondo questo, più che l’era dell’uomo è il tempo dei materiali: plastica, polistirolo, metalli, alluminio, sostanze chimiche tossiche, vernici, pneumatici. In base agli elementi che rileviamo possiamo capire che cosa stiamo facendo e verso dove stiamo andando. Allora se questo Antropocene deve raccontarci qualcosa, questa storia non riguarderà noi, ma la storia degli elementi.

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Immagine di copertina:
particolare di una incisione di Raphael Custos tratta da Stefan Michelspacher, Cabala, Spiegel Der Kunst Und Natur, In Alchymia, 1615.