La tendenza dell’uomo a voler controllare e trasformare la realtà, a rinchiuderla in schemi angusti, è antica quanto il mondo. Se riflettiamo sul termine logos, principio dell’occidente razionale, possiamo facilmente ricordare che significhi anche leghein, “legare”, tenere insieme”. Alla valenza positiva si accompagna un aspetto più molesto, quello registrabile quando si applicano all’ambiente circostante o all’interiorità esplorata definizioni e cesure troppo coercitive. La storia dell’Occidente è un giano bifronte: da una parte tradizioni troppo devote a racchiudere l’esperienza umana in schemi astratti; dall’altra, pensieri meno noti ma più attenti a considerare l’uomo come un essere transeunte, complesso e decisamente lontano dall’essere riassunto da un qualsiasi algoritmo.

I fondamenti biologici della filosofia

Franco Fabbro, neurologo e filosofo, professore ordinario di Psicologia clinica e autore di numerosi studi,(1) è autore del volume I fondamenti biologici della filosofia. La natura simbolica del DNA, della psiche e del linguaggio, un lavoro poderoso che vuole indicare esattamente la strada più proficua per esplorare l’esistenza umana senza stravolgerla o alienarla.(2) Il terreno da cui partire è certamente la biologicità del vivente. Fabbro esplora ogni angolo dello scibile offrendo una documentazione incredibilmente dettagliata e altrettanto chiara e comprensibile: dalla preistoria a oggi, passando per la nascita della stampa, lo sviluppo delle scienze, lo studio del Dna e del linguaggio, l’autore evidenzia la caratteristica fondamentale che ci caratterizza quali creature viventi. Siamo animali simbolici. Che vuol dire?

Come emerge perfettamente nelle dense pagine proposte, e dal sottotitolo, la natura del nostro “dasein” è un segno che rimanda ad altro. Dalla costruzione del codice genetico, all’alfabeto, fino alla nostra stessa psiche (3) – l’essere umano è immerso in un simbolismo dell’informazione.

Il problema dell’isomorfismo tra linguaggio e realtà appare centrale, tanto quanto la necessità di riconsiderare l’approccio cartesiano all’esistenza. L’errore di Cartesio (ripensando anche al noto testo di Damasio) è stato quello di isolare l’io per dominare l’oggetto, sottomettendo la filosofia alla “mentalità calcolante”, accogliendo l’ermeneutica scientifica meccanicistica come modello. Non si tratta ovviamente di negare i grandi risultati che matematica, fisica e geometria hanno conseguito; la riflessione di Fabbro è più profonda e stringente, e reclama piuttosto di porre attenzione ai troppi effetti negativi che sono succeduti accanto ai risultati positivi. La filosofia oggi non pare spesso dare risposte all’uomo nella sua integralità perché ne ha una visione distorta e confusa. Dimentichi del carattere processuale del sapere, e non della sua immobile astrattezza, ci troviamo spesso a vivere in città inospitali, stressati e alienati, perché travolti da uno scientismo privo di senso, vittime di un approccio all’esistenza fondato su calcoli statistici che non sanno interpretare la persona nel suo rapporto con se stessa e con il mondo.

Dobbiamo pensare, insomma, all’uomo come creatura immersa nel linguaggio, parafrasando Heidegger, e capire dunque quanto sia necessario un atteggiamento “ecologico” del pensare bene e del parlare bene.

«Tutto quanto è stato detto e scritto passa attraverso il linguaggio, oppure attraverso un sistema simbolico che dal linguaggio dipende (logica, matematica, geometria). Non è possibile dimenticare questo dato di fatto. […] la sua “presa” sulla realtà non è assoluta, come d’altronde non lo è neppure quella della logica, della matematica o della fisica» (p.283).

Pessoa, nel suo Faust, scrive: «Ah, tutto è simbolo e analogia! sono tutt’altro che la notte e il vento: ombre di vita e di pensiero. Tutto ciò che vediamo è qualcos’altro». Una riflessione estremamente coerente con le pagine di questo saggio, rivolto non solo a sottolineare la necessità di un cambio generale di paradigma, ma anche a comprendere il bisogno di costruire città e saperi più “sapienziali”, spirituali.  D’altra parte l’informazione «rappresenta sempre qualcosa che non è presente» (p. 282) e la vita stessa ha come contorno un mistero a cui dobbiamo avvicinarsi – laicamente o meno – con una mentalità più vicina allo spirito e più distante dall’algoritmo politico e culturale che pare condannarci a una frustrazione continua e a un pensiero spesso sterile e controproducente.

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Note:

1) F. Fabbro, Identità culturale e violenza. Neuropsicologia delle lingue e delle religioni, Bollati Boringhieri, 2108; La meditazione mindfulness. Neuroscienze, filosofia e spiritualità, Il Mulino, 2019.
2) Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=Avvp5DMZbRk
3) F. Fabbro, Che cos’è la psiche. Filosofia e neuroscienze, Astrolabio, 2021.

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Immagine di copertina:
via Pixabay.