Nel 1937, nel giro di pochi mesi, sicari fascisti e comunisti uccisero due fra gli intellettuali più acuti e onesti di una generazione tormentata dalla guerra. Si trattava di Camillo Berneri, anarchico, e di Carlo Rosselli, socialista. La guerra di Spagna li avvicinò tanto quanto una morte improvvisa dovuta a ideologie incapaci di fondare la libertà, ma dedite all’oppressione e all’infamia sociale. Per fortuna nostra ci fu altro, ovvero un carteggio e uno scambio d’idee a proposito del nuovo mondo che sarebbe dovuto essere edificato dopo l’infamia fascio-nazista, un epistolario ricco di una potenza emancipatrice come pochi. Enzo di Brango, giornalista e scrittore di lungo corso,1 ci offre questa breve ma intensa raccolta dove è proprio il tema della giustizia e di del suo conseguimento a rappresentare la stella polare. Un libro ideologico dunque, nella accezione più nobile, simbolo di una vivacità culturale e di una qualità della politica oggi alquanto difficile da intravedere.

Per entrambi, solo il socialismo libertario è la soluzione alla “questione umana”. Se Rosselli però crede fortemente nel ruolo di Giustizia e Libertà,2 Berneri, da anarchico qual era, non immagina possibile la presenza di un qualsiasi stato a strutturare la società. Pur mantenendo le proprie opinioni, i due si confrontarono con un profondo rispetto reciproco, consapevoli comunque di trovarsi dalla parte giusta della storia, e consci di dover giudicare nei fatti la realtà di qualsiasi movimento, nel suo tatticismo e nelle proprie prerogative. In comune fra i due c’era anche la lezione di Salvemini, per entrambi punto di riferimento, e del suo problemismo, cioè di un metodo politico di comprendere razionalmente le singole situazioni e di affrontarle concretamente.

Fondamentale prima di tutto è capire che:
«[v]i è un mostro nel mondo moderno – lo Stato – che sta divorando la Società. Lo Stato dittatoriale dei nostri giorni ha stravolto tutti i rapporti umani, puntellato tutti i privilegi, sostituito la libertà con la legge faziosa, l’eguaglianza con la disciplina di caserma e le caste» (p. 62).

A parlare è Carlo Rosselli in una lettera del settembre 1934 che dà il titolo alla presente raccolta, conclusa con una dichiarazione potentissima: «L’uomo è il fine. Non lo Stato».

I temi trattati sono evidentemente fa i più seri per chiunque consideri la politica ancora quell’arte nobile, il grimaldello con cui scardinare le ingiustizie che affliggono l’essere umano. Appare dunque più chiaro perché proprio con l’anarchico Berneri tale splendida forza emancipatrice abbia trovato un interlocutore attento, in grado di condividere o controbattere laddove la tattica non sembrasse adeguata. La raccolta proposta da Di Brango, arricchita da una intelligente e lucida introduzione di Roberto Carocci, rappresenta un vero e proprio ‘corso di storia accelerata’ di scienza politica, poiché si struttura sì all’interno del percorso epistolare, ma anche, più in generale, nella politica degli anni Trenta e nelle tematiche vive del momento. La dettagliata premessa del curatore consente di collocare precisamente il senso di un dibattito il quale, come si è accennato, resta comunque incentrato sul tema della emancipazione. È la libertà vera e concreta degli individui che preoccupa la sinistra libertaria, tanto da farle temere con incredibile lucidità il ruolo del comunismo nell’Unione sovietica. In una lettera su federalismo e autonomia del dicembre ’35, Berneri afferma:

«Caro R.
Il nostro problema, essenziale in rapporto al nostro ruolo di comunisti libertari in seno alla rivoluzione italiana, è quello di scegliere tra l’integralismo tradizionalista e un possibilismo che, pur mantenendo fisso lo sguardo alla stella polare dell’Idea, ci permetta di incunearci fecondamente nella linea di frattura delle forze rivoluzionarie. L’antitesi che mi pare non presumibile, come tu dici, bensì inevitabile, sarà: comunismo dispotico centralizzatore o socialismo federalista liberale».

Contro lo Stato, copertina

L’angoscia dell’anarchico è, oltre a intravedere quanto detto, anche il timore di trovarsi perso in integralismi e generalizzazioni che non possono aiutare la causa. Quando qualcuno gli chiedeva di restare estremamente coerenti con le idee e le tattiche del passato, Berneri citava proprio il grande Malatesta. Questo padre dell’anarchismo affermava di dover considerare sempre i tempi in cui ci si esprime e lotta e non cedere mai a generalizzazioni vacue, persino quando si affronta il ‘nemico’.

In un articolo su Umanità Nova (14 marzo 1922), non mancando di affermare essere l’opera generale dei carabinieri non meno dannosa di quella dei delinquenti, Malatesta scriveva: «I carabinieri e le guardie regie sono il più delle volte dei poveri disgraziati vittime delle circostanze, più degni di pietà che di odio e di disprezzo, ed è probabile che personalmente siano personalmente migliori dei peggiori tra i fascisti» (p. 106).

Parole forti, ma che reclamano una attenzione vivida per la soluzione meno facile, il giudizio non superficiale, l’azione mai confusa. Riportiamo una lunga citazione di Berneri, fondamentale per avere un quadro completo della situazione politica in atto, e delle istanze affrontate dalla politica d’allora:

«Dittatura del proletariato è concetto e formula d’imperialismo classista, equivoca e assurda. Il proletariato deve sparire, non governare. Il proletariato è proletariato perché dalla culla alla tomba è sotto il peso dell’appartenenza alla classe più povera, meno istruita, meno passibile d’individuale emancipazione, meno influente nella vita politica, più esposta alla vecchiaia e alla morte precoce, ecc. Redento da queste ingiustizie sociali, il proletariato cessa di essere una classe a sé, poiché tutte le altre classi sono spogliate dei loro privilegi. Che cosa permane allo sparire delle classi? Rimangono le categorie umane: intelligenti e stupidi, colti e semi-incolti, sani e malati, onesti e disonesti, belli e brutti, ecc.
Il problema sociale, da classista, si farà problema umano. Allora la libertà sarà in marcia e la giustizia sarà già concretata nelle sue principali categorie. La rivoluzione sociale, classista nella sua genesi, è umanista nei suoi processi evolutivi. Chi non capisce questa verità è un idiota. Chi la nega è un aspirante dittatore» (p. 112).

Anche Rosselli, da lucido intellettuale, sapeva perfettamente quale era la posta in gioco: o una Italia federale, democratica e socialista, oppure un paese arretrato, pseudodemocratico e ucciso dalla burocrazia.

Contro lo Stato rappresenta dunque un carteggio preziosissimo non solo per comprendere l’ampio dibattito tra anarchismo e giellini, rivoluzionari e riformisti, ma per capire lucidamente la storia del nostro paese in un momento cruciale. Di lì a pochi anni il fascismo sarebbe crollato e un nuovo Paese, sorto dal vecchio, avrebbe preso il posto della sanguinaria dittatura. Il destino di quei partiti e quelle idee è storia. Come sottolinea Santi Fedele nella postfazione, ricordando l’articolo del 1934 Contro lo Stato di Rosselli, «L’alternativa ormai è chiara: o lui, lo Stato, schiaccia noi, la Società, o noi abbattiamo lo Stato moderno liberando la Società».

Il dibattito fra i due leader purtroppo, si è accennato sopra, ebbe una brusca interruzione a causa del duplice omicidio. Berneri fu assassinato il 5 maggio del 1937 dai sicari di Stalin; Rosselli il 9 giugno in Francia dai sicari di Mussolini, insieme al fratello Nello. Ancora oggi, nonostante siano passati settant’anni, il rapporto tra Stato e Società, libertà e costrizione, violenza e politica è più attuale che mai, a significare non solo l’insabbiamento politico di un dibattito “scomodo”, ma soprattutto la mancata vera emancipazione dell’essere umano per cui entrambi i protagonisti di questo epistolario pagarono con la vita.

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Note:

1) Enzo di Brango, scrittore, giornalista (Le Monde Diplomatique), ha curato vari saggi e romanzi. Si ricordano: Formidabili. Dieci donne, dieci paladine, Bertoni ed., 2021; Con le migliori intenzioni. Una bomba a San Pietro, Nova Delphi, 2019; Brigantaggio e rivolta di classe. Le radici sociali di una guerra contadina, Nova Delphi, 2017.

2) GL, fondata a Parigi nel 1929.

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Immagine di copertina:
Carlo e Nello Rosselli con i redattori del “Non mollare”, primo bollettino clandestino antifascista, Firenze, 1925.