Il filosofo goriziano Carlo Michelstaedter (1887-1910) è sempre stato un personaggio scomodo nel panorama intellettuale italiano. Dopo il suo suicidio, avvenuto con un colpo di pistola, ebbe una fortuna controversa. Da una parte il clamoroso gesto fece parlare di lui con estrema risonanza, trasformandolo spesso in un personaggio quasi romanzato; dall’altra, in una Italia che stava per cedere all’orrore fascista e nazista, un ebreo che si toglieva la vita in un paese cattolico fece storcere il naso a più di un intellettuale. Quando G. Papini, in un noto articolo dell’epoca, 1 parlò di “suicidio metafisico”, inevitabilmente indirizzò gran parte della critica a cercare dei legami teoretici tra il contenuto dei suoi scritti e il tragico gesto. Per fortuna col tempo presero vita giudizi più distaccati ed elaborati, partendo esclusivamente dall’analisi delle opere, tanto da sviluppare una critica vasta e attenta. È soltanto negli ultimi vent’anni, tuttavia, che Michelstaedter ha ricevuto maggiori attenzioni fuori dal nostro paese: i pioneristici lavori di Daniela Bini in America hanno oggi trovato riscontro in ulteriori pubblicazioni, che sviluppano la figura del filosofo e poeta attraverso una varietà notevole di interpretazioni. 2

Traduzioni della sua opera principale, La Persuasione e la rettorica, si sono diffuse in terra tedesca e di lingua spagnola, arricchendo la possibilità di un confronto da altri punti di vista. Nonostante la gran mole di interpreti e ti critici di notevole fama – si pensi a Campailla, Carchia, Gentile, Cacciari, Severino, Brianese 3 – il pensiero di Michelstaedter è rimasto purtroppo sovente vittima di un lieve pregiudizio, che lo vuole pensatore epigono, al massimo scrittore dalle notevoli intuizioni ma difficilmente un grande rappresentante del suo secolo. L’accademia italiana, per ragioni troppo complesse per essere qui analizzate, non ha sempre incentivato un approfondimento dello studio dei manoscritti; è dunque più che benvenuto l’ultimo lavoro di Thomas Vašek, giornalista e caporedattore della rivista Hohe Luft, perché già nel titolo scelto ha prodotto sicuramente un fremito nei cuori addomesticati di tanti cultori della materia. Heidegger e Michelstaedter presenta uno studio comparato delle tematiche principali dei due filosofi, proponendo una tesi niente affatto azzardata. 4

Thomas Vašek, Heidegger e Michelstaedter

È possibile che il grande pensatore tedesco abbia conosciuto in qualche modo il lavoro di Michelstaedter e che dalle sue carte fosse non solo ispirato, ma abbia edificato tutta la principale architettura a sostegno di Essere e Tempo? L’indagine, accurata e molto ben strutturata, non deve essere considerata come una provocazione, ma si sviluppa da un atteggiamento di profonda serietà e onestà intellettuale. Il testo (egregiamente tradotto da Fulvio Rambaldini) propone una disamina dei concetti principali presenti nel lavoro di entrambi, che sinteticamente possiamo indicare seguendo la tavola delle corrispondenze proposta dall’autore:

Persuasione Essere e tempo
Persuasione Apertura
Avere, possedere Comprendere
Luoghi comuni Chiacchiera
Oscurità Spaesatezza
Autenticità Autenticità

L’elenco sarebbe lunghissimo, e vanno aggiunti i concetti di gettatezza, essere-per-la-morte, esistenzialità, deiezione ecc.

Naturalmente il clima dell’epoca può aver “suggerito” a entrambi i capisaldi dei rispettivi pensieri filosofici. Anche Darwin si trovò a constatare, con un certo imbarazzo a dire il vero, che il collega Wallace aveva raggiunto indipendentemente da lui i medesimi risultati. È possibile che ciò sia accaduto anche nel presente caso? Bisogna ammettere una certa titubanza: se i due scienziati elaboratori della teoria dell’evoluzione furono guidati dalla natura a scoprire i suoi segreti, nel caso di Heidegger e Michelstaedter questa convergenza non è vincolata da nulla di sperimentale. Va inoltre aggiunta l’incredibile coincidenza di frasi e espressioni, non solo di concetti. Vašek suggerisce un possibile punto di contatto tra il goriziano e il gigante di Messkirch proprio nei primi capitoli, confermando l’ottima impressione prodotta dalla tesi di laurea di Carlo Michelstaedter su chi la lesse a quei tempi.

Grazie all’inchiesta dello studioso appare subito evidente quanto l’immagine di Michelstaedter, lungi dall’essere epigonale, abbia avuto un ruolo decisivo nello sviluppo della coscienza europea del secolo scorso.

Il lavoro di Vašek ha tuttavia altri meriti da dichiarare.

Ha sostenuto molto lucidamente che la tesi del suicidio metafisico è priva di fondamento. Oggi, nuovi studi confermano non solo l’estraneità del concetto di Persuasione con la morte, ma illuminano gli ultimi giorni di Michelstaedter svelando particolari inediti sulla sua salute fisica e mentale, avvicinandola sorprendentemente alla biografia nietzschiana. 5 Le grandi inchieste, infine, offrono delle risposte ma sollevano nuove domande. Dall’indagine di Thomas Vašek si sviluppano almeno due questioni molto intriganti. Se Heidegger e Michelstaedter investigano la vita utilizzando la stessa cassetta degli attrezzi, è evidente quanto sia plausibile aspettarsi medesimi atteggiamenti in altri ambiti.

Di che si tratta? È noto, grazie all’intenso lavoro di traduzione dei quaderni neri e agli studi di Donatella di Cesare, quali fossero le simpatie politiche di Heidegger. 6 Anche il suo pensiero, nonostante si proponga come una analitica dell’esistenza, abbonda di concetti ambigui. A dichiararlo apertamente, è noto, fu T. W. Adorno, ne Il gergo dell’autenticità, e da noi Paolo Rossi nel suo saggio Paragone degli ingegni moderni e postmoderni. 7 Sebbene vi siano alcuni punti critici nel giudizio sprezzante offerto nei confronti di Heidegger, non si può non giudicare fondato considerare il linguaggio sull’Essere e sull’Autentico una testimonianza inquietante di un pensiero conservatore. Ebbene, Michelstaedter risulta esattamente agli antipodi di questa impostazione. Le immagini di Cristo e Buddha informano tutte le pagine dei suoi scritti, la filosofia del goriziano è intrinsecamente rivoluzionaria. Un altro grande filosofo nostrano, Aldo Capitini, si ispirò a lui per sviluppare le sue idee sulla non violenza. Questa distanza reclama una domanda. È possibile che il fondamento del pensiero di Michelstaedter, nonostante le convergenze con Essere e tempo, non sia sul terreno ontologico ma su altro?

L’interrogazione coinvolge altri grandi studiosi del goriziano, come Severino o Brianese. 8 È l’ontologia il terreno dove comprendere il legame tra Heidegger e Michelstaedter, oppure no?

Viceversa, dobbiamo chiederci se la filosofia del tedesco sia esente da contaminazioni biografiche. Si può immaginare una idea di Essere distante da quella sviluppata in Occidente, ma più vicina al pensiero orientale? Le conferenze di Heidegger a Tokio, inducono per lo meno a chiedersi se la faccenda sia da archiviare senza ulteriori approfondimenti. 9

L’inchiesta filosofica di Thomas Vašek è evidentemente esplosiva: un coacervo di idee, suggerimenti, domande in grado di offrire nuova linfa agli studi su Michelstaedter e non solo. Un lavoro, dunque, assolutamente necessario per la vera filosofia.

———
Note:

1) G. Papini, Il Resto del Carlino, 5 novembre 1910.
2) D. Bini, Michelstaedter and the failure of language, Italica, Vol. 71, No. 2 (Summer, 1994), pp. 241-243 (three pages) By American Association of Teachers of Italian; (a cura di) V. Cappozzo, Storia e Storiografia di Carlo Michelstaedter, The University of Mississippi, 2017.
3) Per la bibliografia a proposito, si rimanda al sito: www.isontina.beniculturali.it/it/444/carlo-michelstaedter.
4) T. Vašek, Heidegger e Michelstaedter. Un’inchiesta filosofica, Mimesis, 2021.
5) C. Pradella, Michelstaedter 110, Ensemble, 2020.
6) D. Di Cesare, Heidegger e gli ebrei, Bollati Boringhieri, 2016.
7) T. Adorno, Il gergo dell’autenticità. Sull’ideologia tedesca, Bollati Boringhieri, 2016; P. Rossi, Paragone degli ingegni moderni e postmoderni, Il Mulino, 1989.
8) A Giorgio Brianese, recentemente scomparso, è idealmente dedicato questo articolo.
9) F. Midal, Conferenze di Tokio. Martin Heidegger e il pensiero buddista, O Barra O Edizioni, 2013.

———

Immagine di copertina:
Carlo Michelstaedter, autoritratto (particolare).