Immagino che sia accaduto a molta gente questi giorni: stando ai numeri che danno i telegiornali la fiducia in un certo vaccino è calata, c’è in giro una cosa che si chiama “disagio psicologico dei giovani” e sarà capitato a molti di trovare nella propria famiglia o tra i propri amici qualcuno che, senza nessun preavviso, ha iniziato a dire “basta non credo più a niente”, oppure a sentire storie di giovani con questo disagio psicologico; io ne ho sentite varie e volevo parlare di questo, ma anche di come mi sento io me di come questa cosa non sia proprio un disagio psicologico ma un’altra cosa.

Per esempio per la prima volta qualche giorno fa mia madre mi ha detto una cosa complottista, eravamo al telefono come ogni sera e a un certo punto mi sembrava di sentire parlare Agamben, cioè non come parlerebbe Agamben, perché mia madre ha fatto l’avviamento, perché la scuola media non era ancora unificata, poi si è fatta sfruttare in nero come segretaria per anni fino a quando sono nato io che sono nato tardi e lei non ha mai rivendicato i contributi perché nella famiglia c’era il modello del male bread winner ma questo è un altro discorso, comunque sembrava Agamben proprio rispetto alla “invenzione di un’epidemia”, posizione che lei non ha mai avuto, sempre convinta dalla presenza fraterna e familiare del governo Conte 2, degli appuntamenti delle 18 con la protezione civile, ecc. e invece con questa storia dei vaccini no: è crollato tutto il castello di fiducia nella scienza e nelle istituzioni che da essa traggono la loro legittimazione. Il gioco della fiducia è una cosa incredibile: se devo avere eccessive cautele per fare in modo che tu ti fidi di me, e io diciamo sono il governo Draghi e i miei tentacoli giornalistici, e allora io sospendo la mia fiducia nei confronti delle case farmaceutiche affinché tu, mia madre, continui ad avere fiducia in me, però tutta la fiducia che tu avevi in me dipende principalmente dal fatto che io ti ho detto che avrei gestito la minaccia pandemica con la soluzione che mi hanno offerto le case farmaceutiche; come si vede, in questo modo si genera un cortocircuito tra le propaggini tecnico-militari della scienza e le sue fonti stesse di legittimazione; è uno strano gioco sadomasochistico, ci vuole una metafora appropriata per far capire bene quanto è assurdo, ma per adesso partiamo dal fatto che da qualche giorno mia madre sembra Agamben e che cose simili saranno capitate a molti o ne avrete sentito parlare dai propri amici, stando ai numeri.

Rispetto alla devianza giovanile, al tema dell’incomunicabilità tra di loro e il resto della società, al fatto che ci sono giorni che proprio sento che l’unica cosa da fare è coltivare me stesso in modo produttivistico, tipo facendo vigorosi esercizi ginnici come Urlich de L’uomo senza qualità, «Ordine pubblico equivale in definitiva a pieno ritmo produttivo» diceva ieri un mio amico citando Angelo D’Orsi, “Il potere repressivo: La polizia, Le forze dell’ordine italiano”, Milano, Feltrinelli, 1972, e al fatto che un altro mio amico mi dice nelle ultime settimane che gli incontri sono flussi da cui bisogna in qualche modo farsi attraversare, e io boh, penso a quella gente che conosco che ha dei figli e una famiglia, oppure ha una relazione e penso: da dove viene l’ottimismo che porta a continuare a vivere come se si fosse in un mondo normale? Quanta dose di cecità è imposta da questa strana capacità di adattamento per cui riusciamo a pensare “ok, sarà tutto cambiato, però QUI, nel mio mondo, all’interno di questo cerchio magico di relazioni private, QUI non cambia nulla”, e questo confine davvero magico di che materia è fatto? C’è questo modo di adoperarsi affinché sembri che alla fine nelle cose normali della propria vita tutto sia appunto normale, trovare alcune piccole cose e aggrapparvisi, e questo chiaramente è disegualmente distribuito, tipo gli anziani malmessi che sono in solitudine da un anno, ma invece ci si aggrappa a qualcosa di normale a tutti i livelli, nonostante questa ineguale distribuzione, e invece non riesco per niente a sedare l’inquietudine di un governo che parla con toni oracolari, di generali in divisa che gestiscono questioni sanitarie, il concetto di coprifuoco, diventa sempre più difficile comprare alcool dopo le 18, ieri persino il pakistano fuori dalle mura mi ha detto metti nello zaino e non farlo vedere a nessuno, non so proprio con che aria facciamo finta di niente, non so.

Comunque stavo parlando dell’incomunicabilità. È difficile tenere fermo un pensiero, deve saperlo bene il figlio di un altro mio amico ancora che si fa i tagli sulle braccia, credo che la spiegazione più comune per questo comportamento sia che rispetto al senso indeterminato di vuoto è meglio avere qualcosa di tangibile per cui soffrire, ha a che fare con l’immensa contraddizione che sentiamo quando tutto intorno ci dice di avere un corpo proprio, dall’habeas corpus all’idea di mangiare sano ed essere performativi, e quella cosa strana di essere un corpo che dicevano i fenomenologi, comunque questa cosa di “avere un motivo tangibile per cui soffrire è meglio di niente”, un po’ come il pianto rituale in De Martino, secondo me va letta sempre alla luce di quella cosa che dice Deleuze nelle lezioni a Vincennes, che la maestra mette le parole in bocca al bambino come il capitale mette pala e piccone in mano all’operaio, e quindi il figlio del mio amico si taglia sulle braccia e qualcosa deve avergli messo nella testa qual è il motivo buono da dire quando gli chiedono perché, e il mio amico suo padre lo sa che in questo modo, avendo lui una cosa che la psicologa della ASL ha definito «Leggeri sbalzi di umore, sarebbe inopportuno a questa età e in questo particolare momento che stiamo vivendo procedere con una diagnosi più pesante, lui ha gli strumenti dal punto di vista intellettuale e socioeconomico, potrà trovare un suo modo per superare questa fase, non ha senso psichiatrizzarlo», il mio amico dicevo lui lo sa che questa cosa funziona perfettamente come una macchina che invalida ogni tentativo pedagogico, perché tipo non esistono più le regole e se lui dice “questo weekend non faccio i compiti, vado a Torino” (hanno anche dei soldi per fortuna) lui ha 17 anni ma ok, comunque il mio amico ha una famiglia simile alla mia ed è un po’ tipo la parabola dell’illuminismo che “uau, usciamo dalla roba regredita, patriarcale e oscurantista di nostro padre”, per un attimo crediamo di poter dare forma al mondo e a noi stessi, ma poi alla fine no, niente, leggeri sbalzi di umore, ok.

I ragazzini, anzi lo direi così ragazzinə perché la norma di genere è una cosa che dovrebbe assolutamente saltare come la famiglia, il capitalismo, il carcere e altre cose, ma queste cose moltə ragazzinə già lo sanno per fortuna, e non credo sia merito della sinistra, è proprio andata per fortuna così, comunque usiamo appunto lo schwa che è gender neutral e mi sembra una forma di adeguamento del linguaggio a una realtà esistente, parlavamo di loro e della devianza. Allora ero a parlare in questo posto in cui c’erano Le Istituzioni e io per tutto il tempo dicevo si va bene il disagio ma il disagio è l’unico modo che questə ragazzinə hanno per sopravvivere. C’è da dire che la cosa era organizzata in un framework che era un’angusta strettoia: “disagio o devianza?”, e la posizione “progressista” era “disagio” nel senso “capiamo questi poveretti anzi curiamoli anzi se ci sono dei soldi qui ci sono appunto le psicologhe delle cooperative che partecipano al dibattito”, e la posizione reazionaria era “devianza”, con tutto il suo portato nazistoide tipo è colpa dei negozi etnici che gli vendono da bere, ecc. La posizione progressista era poi che le forze dell’ordine dovrebbero fare dei corsi con degli psicologi per imparare meglio come rapportarsi da buon padre di famiglia con i ragazzini disagiati, e a un certo punto il rappresentate della posizione progressista, un tipo che da giovane sarà stato di Lotta Continua, ha detto ok si hai ragione, perché io avevo detto va bene stiamo parlando dellə ragazzinə nel centro storico che durante la zona gialla fanno le cose che di solito avrebbero fatto nei locali consumando e invece le fanno sui gradini dalle 15 alle 22 ma invece passano i cittadini e allora diventa un problema di grande rilevanza per l’opinione pubblica comunque esattamente sulle stesse vie negli attici dellə ragazzinə un po’ più ricchi fanno le stesse cose e non sono un problema che desta allarme sociale, la pandemia si è giocata sulle cose su cui militari e politici giocavano di solito: la riduzione dello spazio pubblico, e questo impatta sulle disuguaglianze sociali esistenti, di cosa stiamo parlando, ma ci sono sempre infinite sfumature nei progressismi e nei reazionarismi, sembra di dover prendere sempre una posizione, e infatti sono stato a questo dibattito fino a tardi, e c’era anche il mio nome sulla locandina, e non finiva mai, infatti alla fine ho proprio preso la via reazionaria della strettoia, ho detto per fortuna che questi ragazzini deviano, la devianza è l’unica alternativa credibile di fronte al mondo che abbiamo costruito per loro, e così, ecco, mi sono sentito un adulto responsabile, io che di adulto responsabile non ho niente, ma bisognava dire una cosa reazionaria in funzione anti-progressista, e credo di aver colto nel segno, perché nell’ultimo giro di interventi non mi hanno fatto intervenire.

Allora parliamo un attimo delle questioni spinose. Tipo per me il dibattito pubblico fino a un annetto fa non esisteva. Mi ricordo che quando studiavo sociologia all’università, eravamo una facoltà seria, c’erano un sacco di insegnamenti che con la deriva oggettivistica e grandi-investimenti-friendly non c’entravano niente, un Dipartimento in cui ognuno faceva un po’ quello che voleva, infatti poi il dipartimento si è disgregato, ma alla fine mi sembra anche adesso un posto bellissimo, infatti qualcunə di loro lə sento spesso al telefono o li leggo su Facebook e quellə che sono rimasti sono brave persone, anche se magari alcune hanno perso il lavoro, comunque non starò a parlare dalla facoltà di sociologia di Urbino che è stata un posto meraviglioso: ha avuto per anni un’aula occupata e dei murales sovversivi alle pareti, dei miei amici hanno proprio vissuto delle esperienze imparagonabili lì dentro occupando, avevamo un prof di antropologia fantastico che al primo giorno di lezione ci spiegò che Furio Jesi era morto troppo presto, avevamo i transfughi luhmaniani da Bologna che erano stranissimi, anche Ilvo Diamanti come docente che era un grande sondaggista, ma nell’esame teorico studiavamo “l’opinione pubblica non esiste” di Bourdieu e c’era nei testi di esame anche quella frase che tentare di definirla era come inchiodare un budino al muro. Comunque per me certo il dibattito pubblico non esisteva, avevo abbandonato da giovane l’ambiente accademico e il dottorato l’ho fatto sempre standone fuori, avevo in mente più una cosa tipo “azione pubblica”, rapporto tra saperi e azione politica, una cosa che oggi nel linguaggio neoliberale si definirebbe “terza missione”, ma c’è da dire che dentro questa cosa della terza missione alcunə amicə ci stanno anche e fanno cose giuste, io invece avevo in mente questa cosa ma proprio non ero in grado di farla funzionare, non scrivevo paper, non ero in contatto con riviste, ecc., mentre da quando c’è il lockdown ho scoperto questa cosa che esiste un mondo di persone che dicono cose sui social, e alcune cose sono del livello degli articoli che noi avremmo scritto sul giornalino dell’aula occupata, ma appunto ora sembra “il dibattito pubblico”, e vorrei sempre starci molto lontano, ma alle volte ci finisco dentro, e, come con la cosa delle posizioni progressiste di prima, sento sempre che qualsiasi posizione si prenda è sbagliata, e quindi aveva ragione Bourdieu, ed è come un budino, che non può essere inchiodato al muro.

Comunque, ecco: le cose serie. A un certo punto dentro questo dibattito pubblico sembrava a tutto un giro di miei amicə che si potesse fare un’operazione di spinta alla progressiva penetrazione, appunto attraverso il dibattito pubblico, di temi entro il discorso politico, e a un certo punto sembrava funzionare, e a un certo punto l’ho fatto anche io, per esempio con il definanziamento delle forze dell’ordine e di polizia, sul modello delle lotte negli stati uniti che però invece bruciavano tutto, il reddito di base incondizionato, la necessità universalmente avvertita di una riforma della sanità che andasse verso una dimensione territoriale e preventiva, basata sul protagonismo della comunità, in modo da superare la concezione aziendalistica e prestazionale che tanti danni ha fatto e tanta inadeguatezza ha mostrato nel fronteggiamento dell’evento pandemico, poi invece a un certo punto è iniziata la cosa sui vaccini, poi la crisi di governo, ecco, lo spazio per fare questa cosa qui si è se non proprio chiuso molto ristretto. Però fare questa cosa qui aveva prodotto personaggi, alleanze, uscite editoriali, visibilità, e quando ho provato a far notare questa riduzione degli spazi nel dibattito pubblico alcuni si sono arrabbiati con me. Che poi ci sarebbe tutto un discorso da provare a fare, su come è l’uomo di sinistra che dice cose, che sa come si fanno le cose, che insegna, che fa politica, ma è un discorso lungo e assurdo, lo facciamo un’altra volta. Alcune cose già da prima non mi convincevano, come quando Landini, va bene che in questo momento siamo tutti sulla stessa barca, però c’era proprio da firmare un accordo per cui nelle fabbriche e in generale nei luoghi di lavoro non si possono contare i contagiati? Questa cosa non è molto chiara a tutti, mi sa che dovremo tornarci. Ma prendiamo un altro esempio, che io conosco più da vicino perché è accaduto nel giro delle persone che si occupano di salute e di sistemi sanitari, che per inciso è l’ambito in cui lavoro pure io: a un certo punto Gino Strada dice circa che però Rosy Bindi è stata molto organica a quel processo che attraverso i governi di centro sinistra ha progressivamente assecondato quando non proprio promosso la deriva aziendalistica della sanità italiana, e, per quanto alcune cose si, come la legge sull’istituzione e le funzioni del Distretto Santario, che è una cosa importante perché consente di programmare i servizi e di fare una lettura dei bisogni di salute del territorio rispetto a cui orientarsi nella gestione, la sua azione è restata comunque di accompagnamento e magari parziale mitigazione di un processo che nelle sue fondamenta andava verso l’aziendalismo e lontano dall’impostazione ideale del servizio sanitario nazionale; e allora tutti quelli del mio giro, che stavano appunto “spostando a sinistra” il centro sinistra, tutti: ma no, ma cosa dici, ma Gino Strada si sbaglia, ma Gino Strada ha sbagliato obiettivo polemico, ma proprio ora che dovremmo stare tutti insieme e far finalmente pesare le nostre idee sul centro sinistra, che è al governo, ma ha chiamato dei tecnici, e alcuni dei tecnici sono dei nostri, perché si sa tra noi comunque ci sono sempre anche i più bravi, ma, proprio ora no! Gino Strada cosa dici; ma io fra me dicevo: ma appunto, visto come vanno le cose, chiediamo almeno un po’ di autocritica, spieghiamo che sulla scuola, la sanità, la pubblica amministrazione in generale, ma anche su quelle cazzate tipo il degrado e il decoro urbano e la sicurezza, diciamo ok noi ci siamo, però è da vent’anni che ve lo diciamo, ma almeno lasciamogli un’occasione per fare tipo autocritica, se proprio vogliamo andare là a far pesare il tutto verso sinistra.

Nell’ambito che proprio conosco meglio, quello di servizi di salute mentale, legge 180 ecc., io ho proprio fatto così, ho sfruttato il momento: ho detto, diciamolo chiaro e tondo, non ci siamo noi da una parte, che abbiamo meritoriamente gestito i servizi in condizioni sociali e politiche avverse, e dall’altra l’antipsichiatria, dove ci sono quegli sporchi e brutti e un po’ come si dice oggi negazionisti, antiscientifici, no qualcosa, diciamo che siamo la stessa cosa, che gestendo servizi abbiamo però perso l’orizzonte in cui quella cosa si era sviluppata, il movimento politico, che gestendo servizi abbiamo iniziato a credere di avere tipo “la scienza” ma che invece no, era un’altra cosa la nostra. E infatti mi hanno fatto pubblicare questo articolo su una rivista, e tutti quelli del giro, quelli che stanno a far pendere a sinistra il centro sinistra ma comunque molto tecnici, nessuno mi ha detto no tu sei un pazzo criminale (no cioè uno di loro me lo ha detto, ma in privato, scherzando; è infatti uno molto simpatico è un po’ al di sopra di queste cose) in pubblico tutti: sì sì ottimo articolo, proprio quello che ci voleva; ma lì io me la sono sentita di dire le cose chiaro e tondo perché comunque su questo tema ne so un po’, ci ho anche lavorato e potrei sostenere anche dei dibattiti con gente che non vuole discutere ma vuole demolirmi.

Comunque no, la tattica non ha funzionato granché, dovremmo dircelo e dirci che non è normale che, come dicevo, da un anno non si sa e non si dice dove si sviluppano i contagi, parliamo alternativamente di runner, movida e altre cazzate (qui nelle città democratiche gestite dal centro sinistra anche di divieto di fumare all’aperto, chiusura dei parchi, divieto di vendere alcool nei supermercati, ecc.) e mai un vero “dibattito pubblico” su che cosa stiamo facendo, su che fine ha fatto la sorveglianza sanitaria, su che idea di prevenzione c’è; la cosa delle aziende che dicevo prima: se un lavoratore di un posto si ritrova con dei sintomi quindi alla fine risulta positivo, si presuppone che non si sia contagiato a lavoro e che non abbia potuto contagiare nessuno a lavoro, se quell’azienda ha fatto un protocollo di controllo dei contagi e quindi non andiamo neanche a controllare. Tranne appunto la scuola, ma sulla scuola è stato un delirio, qui i miei amici della ASL mi spiegavano che per una città molto grande c’era una persona sola a gestire il tracciamento ad ottobre, e lui doveva fare tutte le telefonate, e qui ci sono migliaia di studenti, e infatti poi è arrivata la cosiddetta seconda ondata. Tipo qualcuno sa che indice di contagio c’è stato sugli autobus, in quali fasce urbane, in quali segmenti della filiera produttiva? Qualcuno sa che impatto ha avuto sulla riduzione di contagi chiudere i parchi? Vabbe’ la gente comunque ora sta facendo più o meno come vuole, mentre tipo ci sono stati mesi in cui la gente si è messa in lockdown da sola, se poteva, se il lockdown non arrivava. Comunque è chiaro che questo virus fa più danni in base alla condizione socioeconomica, infatti l’hanno chiamata sindemia, su Lancet, condizione di malattia determinata dalla concomitanza di fattori patogeni per esempio virali e condizioni preesistenti, sociali, economiche, relative all’organizzazione dei sistemi sanitari, ecc. Io Agamben non so se lo capisco, anzi proprio non lo capisco, è troppo avanti; lo leggo certe volte, ma così, come una cosa che mi fa stare bene, quando odio tutto, e poi magari dopo un po’ mi passa, ma non deve convincermi, non deve spiegarmi, mi sento così, come dice lui. Ora, come succederà un po’ in tutte le famiglie, inizia a capirlo mia madre e mi sembra un segno interessante di una situazione assurda.

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Immagine di copertina:
Luigi Ghirri, Comacchio, Argine Agosta, 1989 © Eredi di Luigi Ghirri