«La teoria può accendere l’immaginazione, ma alla fine non può sostituire l’esperienza in prima persona. Leggi e poi AGISCI».1
Wrestling the imagination
Lo scrittore, saggista, docente e campione di wrestling Stefano Tevini prende in parola uno dei suoi maestri dichiarati, il rivoluzionario imaginative perfomer Grant Morrison, e AGISCE Il manuale diffuso del guerrigliero psichico per la collana di frontiere estreme Intermundia di D Editore, curata da Claudio Kulesko.
Il suo libro è un oggetto strano. Forse perché più che un oggetto sembra piuttosto un gesto. Un gesto artistico spiazzante e potente. Come una finta doppiata da una rapida manovra in controtempo. Una sofisticata mossa di jumping suplex contro un basilisco bicefalo che domina incontrastato il ring sicuro di aver già vinto: l’inerzia del sistema egemone che àncora a un passato oscuro e l’iperstizione di un futuro inevitabile che accelera verso l’abisso. Il Manuale diffuso del guerrigliero psichico è un romanzo-saggio di Praxis Fiction, una narrazione (meta)poietica rivolta a tutti noi lettori, qui e ora, sotto attacco da parte di un fanged time sempre in agguato, insidioso e vorace, la sfinge dell’Antropocene che, parafrasando Andrew Culp, ringhia la domanda essenziale e inevitabile, tanto per la filosofia quanto per la sopravvivenza: come vivere una vita mentre si è sotto assedio?
«Perché alla fine quel che conta è sopravvivere, ma di tanto in tanto anche vivere non è poi così male» (p. 80)

Comunicazione mutante
A essere in bilico tra sopravvivenza a rischio in un ambiente ostile ed esistenza possibile in una società prospera e in pace sono un gruppo di ragazze e ragazzi appartenenti a una nuova minoranza, frutto di una mutazione della specie umana che ha sviluppato un nuovo organo nel cervello, il diapason neurale, in grado di innescare una varietà incredibile di poteri di natura psionica. Questa nuova specie vive nascosta per paura di essere discriminata, abusata, depredata come risorsa a perdere. Un professore li sta educando all’uso coordinato dei propri poteri in previsione di una missione decisiva – programmata per l’ora X – che determinerà la coesistenza o l’estinzione delle due specie. Il debito verso The Uncanny X-Men, soprattutto nella versione di Chris Claremont, è evidente, ma Tevini espande il tool metaforico del diverso emarginato, dal piano individuale (esistenziale e sociale) al piano collettivo (etico e politico). Rivelatoria, in tal senso, è la natura stessa dei poteri mutanti, l’hack semantico che permette a Tevini di ribaltare il senso comune e riconfigurare livelli più profondi di realtà, come suggerisce Ian Cheng: «[t]he Hacker unlocks new super powers for the World that give those who inhabit it a special advantage: a leverage over Reality».2 L’hack – il superpotere – è l’idea imprevista che può sorprendere il mondo e schienare al tappeto l’incancrenito Sistema che lo schiaccia in una morsa apparentemente ineludibile.
«By stripping down existing worlds to their underlying systems and rules, and by refusing the seduction of meaning, the Hacker sacrilegiously discovers the actual and effective means to give the World its magic power».3
La peculiarità di questi poteri psionici è duplice. Da un lato sono poteri che parlano… ai sensi, alle menti, ai corpi e alle emozioni degli altri, alle macchine, all’ambiente. Parlano ai messaggi stessi, siano essi manifesti affissi per strada o i reel dei social che scorrono sugli schermi. Chi possiede la vibrazione riesce a estendere le sue capacità di connessione: sente, comunica e agisce a più livelli con tutto ciò che gli sta attorno riuscendo a influenzarlo. A muoverlo secondo la propria volontà. Tra i possibili riferimenti fumettistici, emergono Cypher – il membro dei Nuovi Mutanti con il potere di comprendere qualsiasi linguaggio, che comunica con intelligenze aliene tecnorganiche e con l’isola vivente di Krakoa – e Drummer – il membro di Planetary che riesce a percepire e suonare la lingua segreta del mondo, come se tutto il pianeta fosse il tamburo di un moderno sciamano.
«Potevo vedere e udire in una maniera del tutto nuova. Ogni evocatore di spiriti deve sentire un irradiarsi nel suo corpo, all’interno della sua testa o nel suo cervello, qualcosa che irradia come il fuoco, che gli dà la forza di vedere a occhi chiusi nella tenebra, vedere le cose nascoste o l’avvenire, o anche i segreti degli altri uomini».4
Le ragazze e i ragazzi del Manuale diffuso del guerrigliero psichico sembrano gli Sciamani psionici per la nuova tribù globale del prossimo futuro, la versione aggiornata al nostro millennio dell’uomo della medicina, così come Aua lo racconta a Knud Rasmussen.
Un altro riferimento possibile è la serie tv Sense8 delle sorelle Wachowski e di J. Michael Straczynski, in cui i protagonisti, pur vivendo in diverse e distanti parti del mondo e pur avendo culture, religioni e orientamenti sessuali diversi, sviluppano una diffusa empatia telepatica che permette loro di scambiarsi esperienze, punti di vista, capacità, riuscendo a conoscersi profondamente e a risolvere insieme situazioni difficili e sfide impossibili, mentre cercano di sfuggire a chi vuole sfruttarli a tutti i costi, ma soprattutto, desiderando vivere a pieno questa loro nuova augmented reality incarnata. I titoli degli episodi riecheggiano in armonia con il Manuale diffuso del guerrigliero psichico: Risonanza limbica, Io sono anche noi, L’arte è come la religione, Alla fine saremo tutti giudicati per il coraggio dei nostri cuori, Cosa rende umani?, Gira quel volante e il futuro cambierà. Il momento-epifania della serie, dopotutto, corrisponde a una canzone – What’s Going on? – cantata all’unisono dai protagonisti sparpagliati per il pianeta:
«And I try: oh my god do I try
I try all the time, in this institution
And I pray: oh my god do I pray
I pray every single day
For a revolution»
Per la rivoluzione.
La mutazione del diapason aumenta le capacità di comunicare, dà ai membri di questa nuova specie un’estensione e una forza nuove alle loro possibilità di interazione con gli altri, con le cose, con i contesti, con le interazioni stesse. Una sorta di internet organico delle menti e delle volontà. Questo aspetto di agentività forte nell’ambito dell’interazione comunicativa è una rivendicazione importante di un ruolo attivo in una dimensione decisiva, quella della comunicazione, in cui invece soprattutto i giovani sembrano essere sempre più relegati in un ruolo passivo, costretti a subire una sorta di esproprio dei propri diritti e persino dei mezzi di produzione di pensiero e parola, appaltati a piattaforme, chatbot e TLC tycoon. Il guerrigliero psichico è quindi il rivoluzionario che lotta per affermare la propria libertà e responsabilità di opinione, parola e azione.
Khaled, Sooki, Hector, Lex, Nina e il Professore sono moderni parresiasti che dicono e cercano di realizzare con coraggio la loro verità – una verità di minoranza, la verità dei fragili – di fronte alla maggioranza e al potere, nonostante i rischi gravissimi che corrono: «Noi veniamo in pace, ma devi desiderarlo anche tu, con tutte le tue forze. Scegli con noi un futuro per tutti, se lo desideri puoi farlo» (p. 205). Il diritto a co-esistere è sia un’affermazione che una richiesta di assunzione di responsabilità personale e collettiva e di co-operazione.
L’altro aspetto fondamentale dei poteri sviluppati grazie alla mutazione è infatti proprio la loro profonda natura collettiva e connettiva: «è come se fossimo stati progettati per sopravvivere e prosperare insieme, come se l’evoluzione umana avesse preso una strada che non può più prescindere dalla socialità» (p. 111).
I poteri non riguardano solo l’unicità del loro possessore, non si limitano a esprimere l’eccezionalità sovrumana di una capacità incredibile, ma mostrano un livello superiore di efficacia quando usati insieme, quando le vibrazioni di ognuno si esaltano a vicenda in concerto.
«A proposito di entrare in risonanza […] una delle nostre armi più potenti che ti spiega una volta per tutte perché è così importante che restiamo uniti. Proprio così, sto parlando della dinamo. Come funziona? Semplice, i nostri sistemi nervosi vibrazionali possono entrare in risonanza tra di loro alimentandosi e quindi potenziandosi a vicenda. Insomma, quando siamo vicini le nostre capacità aumentano, l’area delle nostre percezioni si estende, le informazioni vengono trasmesse più velocemente e a distanza maggiore» (p. 109).
Tevini riprende un topos degli X-Men, la loro essenziale natura di collettivo – nascono anche loro come una classe di giovani studenti, una novità assoluta nel fumetto di supereroi degli anni ’60 del Novecento –, il lavoro di squadra e la combinazione di poteri sono fin da subito una strategia decisiva per sopravvivere e garantire il maggior beneficio possibile al maggior numero possibile di persone. Jonathan Hickman ha recentemente aggiornato questo topos delle origini: ora vengono ricercati, esercitati e sviluppati circuiti mutanti, una forma di biotecnologia che permette a più mutanti di intrecciare poteri complementari all’unisono per raggiungere risultati impensabili per un singolo. Tevini rilancia questo concetto dando forma alla dinamo: «il fenomeno che rende davvero incredibile la dinamo è che le vibrazioni in eccesso possono essere indirizzate verso uno dei membri del gruppo che ne prende il controllo e le usa per incrementare a dismisura gli effetti della sua vibrazione» (pp. 109-110).
Al modello problematico del superuomo – anche nella versione bilanciata di supereroe con superproblemi proposta da Stan Lee – l’autore preferisce il modello del supergruppo, in cui all’ipertrofia sempre pericolosa dell’ego si sostituisce una dinamica di gioco e di dono del potere, il quale non è una risorsa da agognare, rapinare e abusare per esercitare violenza o di cui massimizzare il profitto personale, quanto piuttosto una sorta di manna da distribuire gratuitamente a pioggia a chi ne ha più bisogno, a chi può valorizzarla al meglio in un determinato momento e in un preciso contesto, in modo da favorire al massimo il gruppo, sia nel raggiungimento dei suoi obiettivi comuni e condivisi, sia nel rafforzamento ed estensione dei suoi legami e delle sue relazioni. Anche in questo il Manuale diffuso del guerrigliero psichico risulta rivoluzionario: una guida alla rivoluzione del superpotere, una collettivizzazione della sua fantastica magia trasformativa a più livelli, diegetico – interno al racconto – ma anche extra-diegetico – al livello del nostro mondo di lettori del racconto, quello che all’unisono consideriamo il mondo reale. Alain Caillé ci ricorda infatti la stretta connessione tra dono e simbolo. Il simbolo è coestensivo al dono, anzi è lui stesso un dono il cui scopo è mettere insieme, forme e contenuti, umani e mutati, scrittore e lettori, paure e speranze, tracce e scenari, collassi e salvezze. Il Manuale diffuso del guerrigliero psichico è il dono carico di simboli che Tevini fa ai lettori. Mettendoci faccia, mente, cuore e corpo. Tutto sé stesso.
L’autore sembra infatti baciato dallo stesso dono genetico dei suoi personaggi: con il suo diapason neurale capta e modula le vibrazioni della contemporaneità, le analisi della collassologia e il movimento Convivialista (un binomio che si incarna magistralmente in Servigne, coautore di Convivere con la catastrofe. Piccolo manuale di collassologia e membro del collettivo cui fa capo il Secondo Manifesto Convivialista) fondendo lo studio e lo sguardo critico del saggista e la fervida immaginazione creativa dell’artista-attivista.
Affinché il gruppo di ragazze e ragazzi possa sopravvivere agli scenari apocalittici messi in scena dal loro professore per allenarli e possa alla fine compiere la missione decisiva per la specie e per il futuro di tutti, occorre che il loro potere-dono circoli, incarnando in azione collettiva quanto afferma Caillé: «il dono è l’operatore di socialità per eccellenza»5 È anche un operatore politico: «una comunità politica è una comunità del dono»6 entro la quale si scambiano sovranità, idee, informazioni. Una comunità è «Il futuro di uno legato al futuro di tutti» (p. 21).
Macchine mitopoietiche
Tevini inizia la sua opera con una invocazione agli dei prima della battaglia, come un esperto aedo dell’avvenire, ma la sua non è una vuota posa da erudito filologo che recupera il topos dell’invocazione alle muse: egli attinge invece alla fonte dell’epos come espressione artistica di una comunità che si raccoglie attorno al fuoco «dalle profondità di una foresta» (p. 9) per raccontarsi e condividere i valori fondanti e le prospettive d’ispirazione del proprio stare insieme e dell’agire comune per il bene di tutti. Gli dei stessi non sono più concetti astratti o modelli artefatti, ma sono membri della stessa comunità che Tevini evoca nelle sue pagine e con le sue pagine: la comunità degli artisti che prima di lui hanno già iniziato il canto, sul cui ritmo Tevini si è allenato e su cui ora si sintonizza, variandolo in modo originale, per proseguire la propria performance. «Gli dei narratori che pulsano nel mio pantheon a forma di rete neurale» (p. 9) sono tre – numero strategico in ogni formula magica come in ogni architettura narrativa – e il primo è Matt Kindt, l’autore del fumetto Mind MGMT, in cui Tevini trova il seme dell’idea che è al cuore del suo romanzo: il potere della mente permette di codificare e decodificare messaggi nascosti nei manifesti, che restano invisibili a chi non possiede lo stesso potere. La natura di questo potere sovrumano ha un’importanza determinante, su cui occorrerà tornare a riflettere. Intanto però l’idea innesca un tema fondamentale: ogni testo non solo può nascondere altri testi non immediatamente percepibili che richiedono uno sforzo per essere portati allo scoperto, ma è anche possibile AGIRE sui testi di altri autori per trasformarli nel veicolo dei nostri testi. Per trasformarci da lettori ad autori. Leggere è scrivere. Un testo non è un oggetto inerte. È piuttosto uno strano animale artificiale, un drone selvatico, una macchina interattiva con manuale di istruzioni a chiave, che possiamo avvicinare, conoscere, con cui possiamo giocare, a cui con un po’ di abilità possiamo anche chiedere di fare qualcosa per noi.
«Una macchina mitopoietica accurata, un generatore di fiction che ci permette di vedere avanti, di correggere gli errori in anticipo, immaginare molti futuri per correggere i loro errori e permettere solo a uno di essi di esistere. Quello in cui ci salviamo. Tutto quello che abbiamo sono le nostre storie. Da esse impariamo. Su di esse progettiamo. Grazie a esse esistiamo, oggi e domani» (p. 30).
Tevini, con il suo Manuale diffuso del guerrigliero psichico, ci insegna e ci guida a provare questa esperienza, la stessa che ha fatto lui e che ci mostra, passo passo, fin dalla sua invocazione. Continuiamola insieme…
La seconda divinità (meta)narrativa è Grant Morrison, il genio anarchico del fumetto, «pura letteratura di idee compresse e poi fatte detonare» (p. 10), smantellatore della necrotica narrativa borghese e grande maestro di quella magia dell’immaginazione in azione che Tevini sta intessendo con la sua opera: «Tutto ciò che puoi immaginare, tutto ciò che puoi rappresentare attraverso simboli, può essere espresso per creare un cambiamento inaspettato nel mondo intorno a te».7 I testi dell’autore scozzese con cui Tevini si sintonizza con più intensità per generare la sua vibrazione sembrano essere Invisibles e Flex Mentallo: in entrambe sono centrali i temi della sfida politica e semantica allo status quo, la negoziazione di conoscenze e insegnamenti tra generazioni, la centralità riconosciuta e contemporaneamente la sfida lanciata ai più giovani, la reciprocità tra epifania e azione, la riflessione metanarrativa sugli strumenti creativo-cognitivi insiti nel genere supereroistico e di spionaggio fantascientifico, l’evocazione di un ipersigillo inteso come un’opera dell’ingegno diffusa, ispirazionale, agentiva, un grimaldello per aprire il mondo e animarlo, «It’s about re-enchanting our complex times by creating futures you can believe in, over and over again».8 Il Manuale diffuso del guerrigliero psichico di Tevini è l’idea-bomba che Il Fatto – uno dei personaggi di Flex Mentallo – fa esplodere tra le vignette evocando galassie, pupille spalancate, uova, tecniche di disegno eterogenee, strane porte e il motto del personaggio: «Il fatto è: niente è impossibile!»9
L’incantesimo militante di manipolazione delle forze della narrazione che Tevini scatena ha l’obiettivo di rivelare le faglie di criticità del presente e di testare traiettorie possibili di valico verso il futuro. «Le bombe che usa non distruggono oggetti, ma certezze».10
La terza, finale, invocazione è dedicata proprio alla più pericolosa di queste faglie, all’avversario per eccellenza costituito dalla forza opposta a questo slancio verso un futuro possibile per tutti, all’anti-narrazione stessa, votata con cieca ostinazione alla cristallizzazione di un passato oscuro ineluttabile. Con grande coraggio e acume intellettuali, Tevini convoca William Luther Pierce III, la sua antitesi, l’autore dei Turner Diaries, la bibbia nera dei suprematisti bianchi, che l’autore ha studiato a fondo nel suo saggio White Power – la letteratura come strumento di propaganda fascista – il nuovo immaginario del suprematismo bianco americano. Il Manuale diffuso del guerrigliero psichico è il perfetto «controincantesimo» (p. 11) per ribaltare l’evocazione dell’eggregora terrorista che ha i contorni affilati come le corna del QAnon shaman e le macerie contorte del centro di Oklahoma City dopo l’attentato. Alla narrazione razzista, fascista e genocida dell’Alt-Right, che prevede la supremazia violenta e totalitaria di una élite bianca e maschile su tutto il resto del mondo, Tevini propone una contronarrazione speculare intessuta di «creare reti», «fare cultura», «comunicare» (p. 11). Questa narrazione militante è un aspetto vitale del Manuale diffuso del guerrigliero psichico: la ricerca-scrittura-azione dell’autore fornisce un solido e approfondito background storico-fattuale e teorico-culturale al testo. Le criticità vanno osservate, esplorate e studiate con grande attenzione e rigore, e la conoscenza è lo strumento e la pratica strategica decisiva per contrastare il contagio psichico delle coscienze. Ma da sola non basta. Come mostrato anche in Invisibles, la corruzione del linguaggio, delle immagini e dei miti che li intrecciano insieme in narrazioni che sono esoscheletri, mezzi di trasporto e comunicazione spaziotemporali e multiversali e sistemi vitali di idee, corrompe le menti e le civiltà. Occorrono quindi linguaggi, immagini e miti per nuove narrazioni di guerriglia e resistenza psichica. È ciò che fa Tevini, non solo creando la sua storia fatta di ragazzi marginalizzati per la loro diversità o espropriati dei propri diritti, dei propri corpi, del proprio futuro, ma anche mostrandoci come fare le nostre, di storie: intrecciando finzione e attualità, immaginazione e ricerca, per difendere i nostri diritti, i nostri corpi, i nostri futuri.
«Voi combattete la guerra psichica per un’idea di mondo differente da quella esistente. La vostra idea di mondo non è solo una fede o un’idea, è la vostra arma più potente. Ed è quello che siete chiamati a proteggere finché non si realizzi».11
L’idea-bomba, l’immaginazione come tecnologia vitale di specie, il testo come «stanza del pericolo»12 in cui simulare e permutare scenari, innesta ancora insieme l’approccio teorico all’anima pop della performance narrativa dell’autore che da un lato riprende le analisi di Eva Horn riguardo le potenzialità rivelatorie insite in ogni apocalisse – ἀποκάλυψις, svelamento –, dall’altro accende le coscienze e convoca all’azione qui e ora: «A scenario is an instrument for exploring possible futures»13, «Before it was a Bomb, the Bomb was an Idea. Superman, however, was a Faster, Stronger, Better Idea»14, «Non lo possiamo più negare, per questo siamo qui. Per pensare al dopo, se vogliamo che un dopo ci sia» (p. 128).
«L’intera trama che tiene insieme gli eventi».
Sulla copertina del libro compare il diapason tra le parole del titolo MANUALE e DIFFUSO, come a battere il primo colpo sul testo-tamburo dello sciamano Tevini e dare il la ai cerchi concentrici che si diffondono oltre la superficie colorata di bianco, rosso e nero, attraversando le silhouette di tre personaggi. L’immagine riecheggia l’estetica della serie tv Il prigioniero di Patrick McGoohan, le splash page nei fumetti di Jim Steranko e i cerchi concentrici del Mod target scelto dai Who come simbolo vibrante di autonomia e ribellione giovanile. Lo stesso simbolo è stato ripreso anche da Grant Morrison nel suo capolavoro di guerriglia psichica The Invisibles, dove appare sulla maglietta del più rivoluzionario dei protagonisti, King Mob, ma ritorna anche spesso nei dettagli ricorrenti degli occhi del più giovane del gruppo, Jack Frost, forse la prossima incarnazione del Buddah, e di Barbelith, un cerchio rosso nella bianca luna piena in orbita nel cosmo oscuro che connette l’esperienza umana a una realtà oltre lo spazio-tempo e l’Io, una sorta di placenta dell’immaginazione o uno specchio per guardarsi nel profondo.
La prima vibrazione che si espande dalla copertina dentro il testo, fa oscillare la struttura del Manuale diffuso del guerrigliero psichico che si articola in tre movimenti – di nuovo il numero magico –: il countdown all’ora X, il consiglio di classe e il manuale diffuso del guerrigliero psichico. Il ritmo è scandito dal countdown, le cui scene si succedono a intervalli regolari e in cui la lingua e l’azione sono chiare, precise e mozzafiato. Perché c’è la missione di Hector, Lex, Nina, Sooki, Khaled da pianificare e portare a termine. Ma i tempi sono intrecciati tra passati asincroni, per la suspense che acuisce l’attenzione, e proprio perché pianificazione e azione sono momenti inseparabili. Sono le parti in cui Tevini colpisce duro e veloce con la sua scrittura-azione, costringendo a divorare le pagine come fossero vignette di un fumetto Marvel o frame di un Techno Thriller. Poi ci sono gli scenari del Consiglio di classe, in cui il professore allena i cinque ragazzi in stanze dell’immaginazione, simulazioni di mondi per esplorare il dipanarsi profondo delle conseguenze delle possibili scelte intraprese. «The future is never anything but a possibility, yet it is a possibility that charges human beings with the endless task of foreseeing, planning, and providing for the futures to come»15. In queste parti la biblioteca mentale dell’autore – vasta e ramificata tanto nelle letterature quanto nella contemporaneità, come la foresta evocata all’inizio – fiorisce dettagli di distopie, utopie deragliate, ombre di passati che non passano e attualità accelerate verso la propria fine, con una lingua e un intreccio vitali, densi e coinvolgenti come viluppi animati e affamati che afferrano e trascinano al cuore della rivelazione finale.
«Io sono al centro del motore narrativo, e faccio quel che so fare. Proietto la mia presenza a distanza. Proietto il mio punto di vista, nei piani che metteremo in atto nelle nostre menti prima di provarli nel mondo reale. […] Ed è verso domani che proietto la mia presenza, spezzando la tensione superficiale dello specchio di ardesia con le ombre del futuro che si fanno aria, luce e suono. Uno scenario pronto a partire» (pp. 29-30).
È la mise en abyme dello scrittore, che infrange lo schermo dell’io e della scrittura per liberare un mondo di potenzialità narrative, creando scenari tra gli interstizi del reale e cesellando mondi oltre gli orizzonti delle mappe – tra il giovane monaco amanuense che si diverte a popolare di marginalia grotteschi i testi sacri e il filosofo barricadero che si impegna in SLAP performance per ingaggiare la Verità con nuove finzioni – per testare possibilità e pericoli, stressare certezze e bias, alimentare curiosità ed esplorazioni «for art to be a fertile answer to the question of how to survive and thrive in our complex times».16 Tra questi scenari sono nascoste anche altre due – tra le tante – fertili invocazioni: una a Maurice G. Dantec, di cui compare un poster, e l’altra a Claudio Kulesko, di cui compare un libro. Ma allora in che mondo siamo? Il nostro?! Questi dubbi riflettono la struttura del sistema capitalistico così come è presentato da Fisher: una finzione dentro la finzione, la vasta e onnivora fantascienza planetaria del Capitale che coltiva e si nutre delle implicate microfinzioni degli individui. La lettura si anima di riflessi di metacontinuity che esprimono consapevolezza e strumenti cognitivi per agire comportamenti, pratiche e lotte umanizzanti, insieme a un altro importante consiglio-verità: comunicando ognuno di noi contribuisce a creare «un ambiente generato dalle nostre menti connesse» (p. 39), che può essere un libro, una classe, una relazione, una città, uno scenario planetario, una politica di prossimità, una società civile, insomma una vita vissuta consapevolmente con gli altri. La chiamiamo civiltà.
Allo sguardo focalizzato, all’immaginazione sfrenata e agli slittamenti tra i piani di realtà che generano questi micro-romanzi condensati – come tante Kandor, la metropoli kryptoniana miniaturizzata in una teca di vetro nella fortezza della solitudine di Kal-El –, Tevini aggiunge anche un piano ulteriore: la scuola. Altro topos classico degli X-Men, che però per l’autore è esperienza e vita vissuta nelle classi vere insieme a ragazze e ragazzi di questo tempo. Il tema dell’insegnamento impostato qui come sfida ai giovani a costruire il proprio mondo e ad assumersi le responsabilità delle proprie scelte emerge con tutta la forza di un imperativo etico e di un’attività quotidiana. «Qui si fa la differenza tra le parole vuote e imparare qualcosa che ci salva tutti» (pp. 27-28). La scuola intesa come circuito educante mutante, come rete-placenta che abbraccia, nutre e fa crescere, come comunità educante di generazioni e culture e orizzonti diversi, è di fatto un superpotere. Il vero superpotere della nostra società: una dinamo che docenti e studenti si passano di mano in mano per caricarsi di conoscenze ed esperienze, mondi e desideri, così da massimizzare in concerto le capacità e le possibilità di ognuno e di tutti.
Infine ci sono gli stralci dal Manuale diffuso del guerrigliero psichico. Sì, lo stesso testo che abbiamo tra le mani e che stiamo leggendo. O forse è un manifesto, una canzone, un feed, un videogioco, un manga, un programma televisivo… sicuramente è una qualche forma di messaggio che però non è solo quella forma. Perché ogni messaggio ha piani, periferie, profondità, postille che dicono sempre anche altro. Sto parlando con te. Ascolta attentamente se ci tieni a rimanere in vita. Due parole su come funzioni. Siamo con te. Insieme sopravviviamo. In questi capitoli-messaggi nel testo-bottiglia Tevini adotta una lingua più pratica e divulgativa, da un lato per veicolare consigli tattici per sopravvivere in una società del controllo e dello sfruttamento – «Coordinazione e creatività fanno la differenza» (p. 154) –, dall’altro per innescare anche in noi lettori la vibrazione. «Il suo diapason vibra, dando la spinta che mette in moto gli eventi dello scenario» (p. 30). Il professore sta parlando di ognuno di noi. Sta convocando ogni lettore alla compartecipazione attiva, anzi proattiva. La sentite la vibrazione?
«Scegli con noi un futuro per tutti, se lo desideri puoi farlo» (p. 205).
L’ulteriore peculiarità di questi poteri psionici è esattamente questa: il vero superpotere è la comunicazione stessa. La conferma a questa verità è fornita dallo svolgimento di fatti reali a partire da premesse, contesti e hack del tutto simili (i giovani cinesi a cavallo tra i due ultimi millenni e tra la realtà e la rete):
«Noi ragazzini cinesi non stavamo semplicemente usando internet: stavamo inventando un nuovo sistema linguistico, progettato per essere indecifrabile a chiunque avesse più di venticinque anni […] Era il nostro superpotere generazionale: comunicare alla luce del sole, restando invisibili agli occhi delle figure che rappresentavano l’autorità».17
Anche i protagonisti del Manuale diffuso del guerrigliero psichico – così come viene spiegato nei capitoli che costituiscono, nel mondo della storia, gli stralci del manuale che dà il titolo a tutto il libro – studiano e praticano una meta comunicazione che li nasconde e protegge da paura, discriminazione e sfruttamento, ma contemporaneamente permette loro di esprimere sé stessi, creare comunità, anche sfruttando quegli stessi mezzi di controllo, corruzione e coercizione con cui il sistema vorrebbe espropriarli dei propri diritti.
«Non si trattava solo di nascondere messaggi ai genitori: stavamo costruendo comunità attraverso la complessità. Ogni messaggio decifrato con successo era una prova d’appartenenza alla nostra tribù digitale. Era la firma culturale della generazione post-anni ’90, la nostra impronta linguistica in un internet che si stava espandendo a vista d’occhio […] Ciò che era iniziato come tattica per proteggere la privacy adolescenziale si era evoluto in una sofisticata strategia di elusione della censura. La lingua marziana, che una volta serviva a nascondere un “ti amo” dagli adulti ficcanaso, ora permetteva di parlare di temi sensibili senza farsi individuare dai filtri automatici keyword-based».18
Tevini sceglie i giovani come protagonisti perché inevitabilmente, da sempre, spetta a loro forzare i limiti e le costrizioni reali, storico-politiche, socio-economiche, istituzionali, virtuali e cognitive fissate dalle generazioni precedenti, il cui unico scopo, a vote, sembra impedire a tutti i costi la mutazione e l’evoluzione, la nascita stessa del futuro. Da sempre i giovani cercano invece di costruire il proprio avvenire manipolando ciò che l’Autorità pensa di governare in regime di monopolio: il testo (della lingua, del corpo, dello spazio, del tempo che non sanno vivere se non come LIBERO).
«Gli utenti iniziarono a ricostruire [il testo] in decine di formati creativi per aggirare la censura: la scrittura oracolare cinese delle ossa, il codice Morse, il braille e, naturalmente, la nostra amata lingua marziana. Ogni articolo trasformato sopravviveva solo per pochi minuti, a volte ore, prima di sparire, e ogni versione successiva era più indecifrabile della precedente. Ma continuavano a circolare, in una sorta di epica staffetta cibernetica, in cui ogni trasformazione era un piccolo atto di sfida al controllo dell’informazione».19
Ecco cos’è questo strano oggetto a forma di libro, questo frattale di testi multiformi, questo ecosistema di messaggi simbionti che evoca un olismo implosivo, questa spirale vibrante di onde iridescenti… è la dinamo. Tevini l’ha caricata con tutta l’energia immaginativa che ha accumulato nella sua personale classe di scenari. Ora l’ha donata a noi. Affinché la usiamo per scatenare la nostra immaginazione e trasformiamo questo mondo.
3… 2… 1… ORA X!
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1) Grant Morrison, Prefazione a Phil Hine, Prime Chaos. Adventures in Chaos Magic, New Falcon Publications, 1993, p.3 (traduzione del redattore).
2) Ian Cheng, Emissary’s Guide To Worlding, Metis Suns, 2018, p. 42.
3) Ivi, p. 43.
4) Roberto Calasso, Il cacciatore celeste, Adelphi, 2016, p. 30.
5) Pauline Porro e Alain Caillée, Le don pour conjurer, intervista in Et si tout s’effondrait?, Socialter, 20 dicembre 2018 (traduzione del redattore).
6) Ibid.
7) Grant Morrison, Pop Magic!, prefazione a Richard Metzger, Book of Lies: The Disinformation Guide to Magick and the Occult, Disinformation Book, 2008, p.16 (traduzione del redattore).
8) Ian Cheng, Emissary’s Guide To Worlding, cit., p. 1.
9) Grant Morrison e Frank Quitely, Flex Mentallo. A caccia del Fatto, Magic Press, 2002, p. 9.
10) Ivi p. 13.
11) Associazione Psicogeografica Romana, Manuale di guerra psichica, Ortica editrice, 2022, p. 19.
12) Stan Lee e Jack Kirby, X-Men, n. 1, Marvel, Settembre 1963, pp. 2-4.
13) Eva Horn, The Future as Catastrophe: Imagining Disaster in the Modern Age, Columbia University press, 2018, p. 12.
14) Grant Morrison, Supergods: What Masked Vigilantes, Miraculous Mutants, and a Sun God from Smallville Can Teach Us About Being Human, Spiegel & Grau, 2011, p. 15.
15) Eva Horn, The Future as Catastrophe: Imagining Disaster in the Modern Age, cit., p. 14.
16) Ian Cheng, Emissary’s Guide To Worlding, cit. p. 2.
17) JY, L’internet cinese è una lingua marziana, su Notzine n.5, Nero Edizioni, giugno 2025.
18) Ibid.
19) Ibid.
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Immagine di copertina:
illustrazione di Bill Sienkiewicz



