Cosa pensare di uno dei più diffusi inserti culturali italiani, nel momento i cui dà spazio a una crociata personale estendendola a una specifica modalità narrativa, sulla base di pregiudizi (il fantasy è figlio del disimpegno), elitismo (la scienza può essere seguita da pochi, mentre il soprannaturale è per le masse incolte) e assoluta assenza di dati scientifici nel presentare nessi fra diversi fenomeni?
E cosa pensare di un insigne genetista che si fa promotore di un appello alla “razionalità e all’equilibrio di giudizio che possono essere recuperati soltanto con un po’ di cultura”, fondandolo sull’utilizzo scorretto di concetti basilari di cui si appropria senza averli compresi, ovvero su un’operazione di incultura?
Nei programmi per bambini, sostiene perplesso Boncinelli su La Lettura del 25 giugno a pagina 17, “tutto è magia, o viene spiegato con la parola magia, ovvero incantesimo”. Nei “film, telefilm, libri, racconti, fumetti e giochi elettronici” – bastava dire narrazioni; inoltre, nel momento in cui i “libri” divengono sinonimo dei generi e sottogeneri letterari che veicolano si avverte già un inquietante vuoto di lessico specifico, che diventa madornale nel momento in cui il pezzo si legge sul Corriere della Sera – i supereroi, dice l’insigne genetista, sconfiggono i cattivi; tuttavia egli non conosce “nessuno che nella vita lo faccia veramente”. Ohibò, dunque siccome gli eroi con poteri sovrannaturali non esistono bruciamo Propp come in Fahrenheit 451, perché mica vogliamo che circolino libri in cui si prendono in esame addirittura le strutture della finzione narrativa! E cosa dire di quel cialtrone di Omero che ha riempito le nostre vite di maghe circi e polifemi? Spazziamo via tutto, in quanto antiscientifico! Ci racconta poi Boncinelli che è diventato nonno. Congratulazioni vivissime da parte della comunità dei creduloni, i quali si chiedono se il professore eviterà accuratamente di leggere ai nipotini la fiaba di Cappuccetto Rosso, in quanto i lupi non parlano, fatto basato sull’osservazione scientifica.
Proseguendo con la lettura, sorge il dubbio che il professore abbia una seria difficoltà ad accettare la funzione delle figure retoriche. Le figure di pensiero esistono da quando esiste il linguaggio umano, e se esistono è perché il cervello umano ha bisogno della metafora, dell’allegoria, della similitudine, in tutte le lingue, per sopravvivere. Lo stesso professore ne utilizza in quantità nel suo pezzo. Sarà consapevole del suo utilizzo delle figure retoriche, le quali vengono studiate nei dipartimenti di scienze umane? Ma il professore disprezza le pseudoscienze, fra le quali include la filologia e la critica letteraria. Forse il prossimo passo del noto scienziato sarà di proporre dalle pagine di autorevoli quotidiani la chiusura delle facoltà di lettere e filosofia, in quanto diffondono un pensiero antiscientifico dannoso per l’essere umano. Poco male; la maggior parte dei ricercatori nelle facoltà umanistiche è costituita da una massa di precari che rimarranno tali a vita, perché non vi sono fondi per la ricerca nel campo delle scienze umane. Forse questa è la volta buona che si troveranno un lavoro vero, invece di istigare le masse a curarsi con l’omeopatia e non vaccinare i figli, fenomeno con cui gli umanisti sono conniventi visto che danno credito scientifico al fantastico.
Per tornare all’inserto culturale, ci si dovrebbe aspettare di trovarvi all’interno informazione letteraria. Ma evidentemente l’obiettivo della pubblicazione – ovvero la diffusione di quella cultura a cui si appella Boncinelli – è passato in secondo piano. Per scrivere sul fantasy sarebbe bastato al professore consultare una qualsiasi antologia per la scuola media, in cui generalmente il capitolo dedicato a questa forma letteraria viene introdotto da una sua breve cronistoria, a partire almeno da Ariosto; ma alcune antologie forniscono addirittura l’indicazione filologica corretta, ovvero il riferimento alla Storia vera di Luciano di Samosata (II sec. d.C., a cui si ispirò pure quel fricchettone di Leopardi, che essendo un antiscientista andrebbe depennato dalle Indicazioni Nazionali del MIUR). Non è quindi comprensibile il motivo per cui Boncinelli scrive: “Nato negli Stati Uniti ai tempi della Prima guerra mondiale, il fantasy è un genere letterario strettamente connesso con il mondo del soprannaturale”, informazione che si deduce, dopo aver espunto accuratamente tutto il riferimento al mito, dalla relativa voce su Wikipedia. Inoltre, il professor Boncinelli ci informa del fatto che “non si tratta di un sottogenere della fantascienza, come si potrebbe pensare”, manifestando un’evidente confusione rispetto ai termini “genere” e “sottogenere”. Senza scomodare i formalisti russi, sarebbe bastato consultare di nuovo Wikipedia alla voce “genere letterario”, in cui è spiegato (pure con lo schemino), che il genere è il romanzo, e tutti i sottotipi del romanzo sono sottogeneri. Quindi non si vede come “si potrebbe pensare” che il fantasy sia un sottogenere della fantascienza, essendo entrambi sottogeneri del romanzo. Per un esperto di tassonomia, questo è un errore davvero marchiano. Si potrebbero spendere molte parole sulla valenza sovversiva dei sottogeneri, nella vulgata additati come “letteratura di genere” da chi non sa nulla di teoria dei generi, ma l’errore di Boncinelli suona davvero come se un insegnante di scuola media nello spiegare i piselli di Mendel ai suoi alunni si confondesse e usasse invece i fagioli.
Risulta quindi ancora più incomprensibile per quale motivo si dovrebbe continuare a finanziare un inserto in cui si trovano informazioni tratte da Wikipedia, peraltro debitamente purgate dell’unica parte valida, ovvero quella storico-letteraria, quando basta googlare la voce fantasy. È una pratica accettabile dalla comunità letteraria di questo paese? Diciamoci la verità: no, non è accettabile. E non è neppure accettato dallo stesso Boncinelli, il quale da tempo conduce una battaglia contro la scienza googlata, dando dei caproni agli antiscientisti che si fanno idee sbagliate su Internet. Ecco professor Boncinelli, lei ha usato la stessa cortesia ai critici e ai filologi di questo Paese, facendosi un’idea del tutto sbagliata di una modalità narrativa informandosi su Internet. O forse avrà consultato qualche professoressa che la ammira tanto? Ebbene, su queste cose si consulta chi vi lavora in sede scientifica, chi fa ricerca di mestiere, non chi ha una formazione magari anche liceale ma piuttosto lacunosa, direbbe lei agli ignoranti spaventati dalla medicina ufficiale. Ci vuole come minimo un dottorato per parlare di vaccini! Vede, caro professore, ci vorrebbe come minimo un dottorato anche per parlare di fantasy, oppure basterebbe consultare chi il fantasy lo scrive: ce ne sono tanti e tanto bravi. Si faccia consigliare qualche nome e veda di persona come lavorano sull’immaginario, potrebbe rimanerne stupito.
Ma per arrivare alla tesi di fondo dell’articolo, in buona sostanza vi si avanza l’ipotesi che esista una correlazione fra l’adesione alle cosiddette pseudoscienze e la fruizione di un (sotto)genere letterario. Come dire che gli antivaccinisti sono tutti fanatici di Game of Thrones. Questa è la parte dell’articolo che dà più grattacapi. Siccome il professor Boncinelli rappresenta la Scienza, ovvero quella postura per cui non si fanno affermazioni se non si hanno in mano dati scientifici ampiamente comprovati, ci si aspetterebbe da lui che producesse uno studio qualsiasi in cui si analizza il rapporto fra la fruizione del fantasy e le posizioni antiscientiste molto diffuse di questi tempi. Purtroppo, in mancanza di evidenza scientifica, la questione rimane aperta, e le due ipotesi che espone sul quotidiano a maggior diffusione nazionale appaiono raminghe e campate per aria, esattamente come la tesi per cui i vaccini sono alla base dell’autismo. Dunque, se Boncinelli non vuole porsi allo stesso livello degli antiscientisti, commissioni lui stesso (vista l’endemica carenza di fondi nel campo delle scienze sociali) uno studio in cui si indaghi il rapporto fra gusto letterario, disimpegno e tendenza a spiegare la realtà con il sovrannaturale. Gli toccherebbe finanziare gli umanisti, condizione di partenza che temiamo ritenga inaccettabile.
Vabè, ora non è che se uno è scienziato non può più esprimere le proprie idee se non supportate da dati scientifici! Mi pare esagerato. Sulla teoria di Bonicelli, non mi trovo totalmente d’accordo, ma dobbiamo ammettere che c’è una strana analogia di “audience” fra temi nazional-popolari (i vaccini, la teoria gender, gli immigrati, i politici-ladri) e mezzi di intrattenimento nazional-popolari che guarda caso appartengono spesso alla categoria fantasy (non sempre, non dimentichiamo che, insospettabilmente, anche Breaking bad trascinò le masse…)